Mancano le “munizioni” contro il virus, sono state ridotte le consegne delle dosi di vaccino. Il Coronavirus può scavallare anche il 2021, potrebbe imperversare funestamente in Italia anche nel 2022.
Il governo Conte ha puntato le sue carte soprattutto su tre vaccini: il Pfizer BionTech, AstraZeneca, Moderna. La Pfizer BionTech (multinazionale farmaceutica americana-germanica) ha annunciato ritardi nelle forniture delle dosi di vaccino del 20%-29% rispetto alle consegne contrattate anche se poi ha assicurato: da questa settimana la fornitura del vaccino «tornerà a regime». L’AstraZeneca (multinazionale britannica) ha comunicato addirittura riduzioni del 60%. La terza società non ridurrà le forniture, però con Moderna (sempre statunitense) sono stati stipulati contratti per quantitativi più bassi di vaccino.
L’esecutivo è molto preoccupato per i tagli. In particolare è allarmato il commissario per l’emergenza sanitaria Domenico Arcuri: nel primo trimestre di quest’anno «avremo 15 milioni di dosi», poco più della metà rispetto all’obiettivo fissato dal primo piano di vaccinazione. Difatti è notevolmente sceso il ritmo delle vaccinazioni giornaliere. Così salta la programmazione della inoculazione del vaccino e del richiamo: molti medici di famiglia hanno visto saltare il loro turno perché viene dopo la prima trincea dei dottori e del personale sanitario e tecnico degli ospedali. Si allungheranno i tempi per le persone “fragili” (in testa gli ultra ottantenni). Non parliamo del resto della popolazione.
Addio alla sconfitta del Covid-19 in tempi brevi: l’immunità di gregge prevista per settembre con il 70% degli italiani vaccinati slitterà, se va bene, a fine autunno. I rimedi? Prima di tutto, ancora una volta, le carte bollate. Giuseppe Conte ha annunciato il ricorso ai tribunali, «a tutti gli strumenti e a tutte le iniziative legali» contro AstraZeneca. Del resto, ha precisato il presidente del Consiglio, è quello che «già stiamo facendo con Pfizer BionTech, per rivendicare il rispetto degli impegni contrattuali».
Il mancato «rispetto degli impegni contrattuali» fa emergere con forza la scarsa autorevolezza internazionale dell’Italia, difficilmente compensabile con il ricorso alle carte bollate. In questo caso «il rispetto degli impegni contrattuali» significa impedire altre migliaia di morti oltre alle 85.000 persone che finora hanno perso la vita a causa del Coronavirus. Esigere «il rispetto degli impegni contrattuali» significa contenere l’impatto devastante della pandemia anche sulla società e sull’economia italiana con l’ecatombe delle imprese (soprattutto commerciali e turistiche) e la gigantesca mazzata sull’occupazione.
L’alternativa, oltre alle carte bollate, è di rivolgersi ad altri produttori di vaccini: l’americana Johnson&Johnson-Janssen, la francese Sanofi, la cinese Sinopharm, la russa Rdif con il vaccino Sputnik V. In corsa c’è anche il vaccino italiano realizzato da Reithera in collaborazione con l’Ospedale Spallanzani di Roma. Ma la sperimentazione è ancora nella fase 1 e per arrivare alla 3 ci vorrà tempo.
Perché le multinazionali farmaceutiche tagliano la distribuzione delle dosi di vaccino? Per le pressioni dei governi sulle rispettive società nazionali in modo da tutelare prima di tutto i compatrioti? Per ottenere maggiori profitti sull’enorme mercato globale? Forse sono scattate entrambe queste molle.
Le case farmaceutiche, comunque, penalizzano tutta la Ue. Arcuri ha accusato: «Stanno trattando i 27 Paesi europei come dei poveracci».