Poco importa sapere come si concluderà l’inchiesta “Basso profilo” che vede direttamente coinvolto l’ex segretario dell’UDC Lorenzo Cesa. Anche se sarà sempre interessante vedere che tempi comporterà la sua conclusione; e se, come spesso accade, si tratta della classica montagna che partorisce un topolino. Non è la prima volta che si devono fare tardive e inutili scuse a persone che si sono trovate prosciolte perché il fatto non sussiste.
Qui, ora, è altro che importa. Ci si interroga circa la tempistica dell’operazione: il travaglio di un esecutivo che prima di dimettersi, cercava i numeri per garantirsi un minimo di maggioranza.
Ai perplessi e dubbiosi risponde il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri: «I tempi della politica non c’entrano». Spiega che l’ordinanza del GIP che dà il via libera agli arresti è dell’inizio di gennaio: «A un anno di distanza dalla nostra richiesta e a sei mesi dall’ultima integrazione. Le elezioni in Calabria erano fissate per il 14 febbraio, avremmo aspettato il 15 per non interferire sulla campagna elettorale, ma poi sono state rinviate ad aprile: non potevo lasciare arresti in sospeso per decine di persone altri tre mesi».
Comportamento rivelatore: si ammette che in qualche modo si presta attenzione alla situazione politica prima di adottare un’iniziativa giudiziaria. Attenzione discrezionale, con quello che significa e comporta; è immaginabile che anche altre procure abbiano questa attenzione. Non piace l’espressione “ad orologeria”? Come chiamare allora questa “sensibilità”?
Anche la lettura delle intercettazioni, con benigna puntualità fornite alla stampa, rivela che i fatti risalgono a molto tempo fa. C’era davvero necessità di procedere a una perquisizione domiciliare nei confronti di Cesa nella pompa magna in cui si è manifestata? Tutto può essere, anche che Cesa conservi nel suo domicilio documentazione compromettente; ma si ammetterà che è piuttosto improbabile: un’offesa all’intelligenza di un politico di lungo corso. Ad ogni modo, che esiti ha dato, oltre alla solita documentazione “interessante” (non si sa mai di quale vero interesse)? C’è da augurarsi che prima o poi anche questo aspetto sia chiarito.
Un’affermazione del dottor Gratteri colpisce: «Noi facciamo richieste, sono i giudici delle indagini preliminari, sempre diversi, che ordinano gli arresti…Poi se altri giudici scarcerano nelle fasi successive non ci posso fare niente, ma credo che la storia spiegherà anche queste situazioni».
Affermazione inquietante, che dovrebbe inquietare; che significa: «La storia spiegherà anche queste situazioni»? Lecito interrogarsi se vi siano altre indagini in corso. La domanda ottiene una risposta che può voler dire tutto e il suo contrario: «Su questo non posso rispondere». Tocca attendere la storia.
Un risultato però il dottor Gratteri ottiene: mettere d’accordo, per una volta, diavolo e acqua santa: Magistratura Democratica, la corrente “progressista” delle toghe, esprime un giudizio severo: «Non crediamo che la comunicazione dei Procuratori della Repubblica possa spingersi fino al punto di lasciare intendere che essi siano gli unici depositari della verità, e di evocare l’immagine del giudice che si discosti dalle ipotesi accusatorie come nemico o colluso. Con un tale agire, il Pubblico Ministero dismette il suo ruolo di primo tutore delle garanzie e dei diritti costituzionali – a partire dal principio di non colpevolezza – e assume quello di parte interessata solo al conseguimento del risultato, lontano dalla cultura della giurisdizione e dall’attenzione all’accertamento conseguito nel processo».
La condanna viene anche dal presidente delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza. «Chiunque abbia avuto modo di occuparsene negli anni, ben oltre le enfatizzazioni mediatiche che sempre le accompagnano, conosce bene, statistiche alla mano, il sistematico ridimensionamento quantitativo e qualitativo delle ipotesi accusatorie che le sorreggono…Di quegli esiti così deludenti per l’accusa…il dottor Gratteri invoca un prossimo giudizio della Storia, che sarebbe dunque ben diverso da quello descritto nelle sentenze dei Tribunali del Riesame, dei Giudici di primo e di secondo grado e di quelli della Suprema Corte».
Distratti da altre, più pressanti urgenze, la vicenda rischia di restare confinata tra gli addetti ai lavori. Merita invece una urgente riflessione: lo specifico caso, ma soprattutto come e perché sia potuto accadere. Per lo stesso interesse dei magistrati; e – lo si consenta – di noi cittadini.