Ha resistito Giuseppe Conte, ha resistito finché ha potuto, asserragliato nel bunker di Palazzo Chigi, prima di salire al Quirinale per presentare le dimissioni. E adesso? Adesso la sola possibilità che gli resta è quella di ottenere un reincarico per formare un governo allargato ai cosiddetti “responsabili”.
Ma la partita ormai è nelle mani del Presidente della Repubblica Mattarella e non è detto che il Conte ter vada in porto. I numeri per formare il gruppo dei “responsabili” al Senato non ci sono.
Allora diventa sempre più probabile l’uscita di scena di “Giuseppi” con l’arrivo di un altro premier che recuperi i voti di Italia Viva, garantendo l’appoggio dell’Ue e l’arrivo dei soldi del Recovery Fund.
La pretesa di Conte di gestire da solo i piani per ottenere i 209 miliardi di fondi generosamente stanziati da Bruxelles è stata l’arma puntata da Renzi contro Palazzo Chigi fino al ritiro dal governo. A partire da quel momento, il presidente del Consiglio ha inanellato un errore dietro l’altro.
Forte della sua popolarità nel Paese registrata dai sondaggi, convinto di essere inamovibile in quanto garante dell’alleanza Pd-M5S su cui si fondava il governo giallorosso, Conte ha subito trattato Renzi con disprezzo. Non si è dimesso e ha puntato tutto sui “responsabili”.
Non è stato un bello spettacolo. Con gli emissari di Palazzo Chigi a caccia di senatori, con le veline passate dal portavoce Casalino a giornali e telegiornali che davano come imminente la chiusura della partita. Ma l’arrivo di parlamentari pronti a sostenere Conte non c’è stato, come non c’è stata la fuga (anche questa data per certa) dei senatori da Italia Viva.
In una decina di giorni l’immagine del premier ne è uscita a pezzi. E la politica si è presa la sua rivincita sulla comunicazione.