Sono importanti le parole. Va ricordato, per esempio, ai tanti – l’ultimo in ordine di tempo è il settimanale L’Espresso, che nell’ultimo numero titola a caratteri cubitali “L’arbitro”, riferendosi al presidente Sergio Mattarella – che non si disputa una partita di calcio o un torneo di tennis.
Il presidente Mattarella, come tutti i presidenti della Repubblica Italiana, è “garante” del rispetto della Costituzione. Se di arbitri si vuole parlare, si usi questo termine per l’operato della Corte Costituzionale il cui compito, appunto, è stabilire quando una norma è compatibile con il dettato della Costituzione.
Ancora: gran ragionare sul “governo tecnico”. Non esistono governi tecnici. Il compito di un governo (e quindi la sua “tecnica”) è fare scelte; si può perfino scegliere di non scegliere e “galleggiare”. Ogni ministro “governa” nel suo ambito. Possono esserci ministri il cui “fare” nell’ambito del governo è solo una parentesi, non costituisce la loro ragione di vita; che per un periodo più o meno lungo, sono distolti dalle loro abituali occupazioni. Ma nel momento in cui un governo si insedia e ottiene la fiducia del Parlamento, è pienamente, legittimamente, politico. Anche se il Presidente e l’intero esecutivo non hanno tessere di partito in tasca, e non sono militanti o dirigenti di alcuna organizzazione politica o sodalizio che sia, governano; quindi fanno politica.
Se riuscirà nel compito che gli viene affidato, il governo guidato da Mario Draghi sarà politico come gli esecutivi che l’hanno preceduto, e come quelli che verranno. Fin da subito Draghi dovrà assumere decisioni e farsi carico di responsabilità eminentemente politiche: quelle chiaramente indicate dal presidente Mattarella, non da ieri, ma fin dall’incarico esplorativo affidato al presidente della Camera Roberto Fico. È, in questo senso, un governo del presidente della Repubblica. Può essere, come il Quirinale auspica, al di sopra dei partiti. Ma politico a tutti gli effetti.
Infine, la questione dei “poteri forti”. In queste ore gran ciarlare su chi sia Draghi: “figlio” del Vaticano, della Germania, degli Stati Uniti, delle banche centrali; non si mancherà di scomodare il gruppo Bilderberg, il panfilo Britannia, o qualche altro sodalizio…
In attesa di capire di chi Draghi sia “figlio” (o “padre”, non escludiamolo; o “fratello” o “cugino”) val la pena di chiarire un concetto non irrilevante: non esistono poteri che NON siano forti: il potere, in quanto tale, non può essere debole. Esistono poteri tecnicamente (e spesso non solo tecnicamente) “irresponsabili”, e poteri “responsabili”. Questi ultimi, i “responsabili”, nel concreto del loro agire possono essere massimamente “irresponsabili”, ma comunque rispondono a qualcuno del loro operato: ci sono controlli e controllori, siano essi elettori, magistrati, agenzie che hanno il compito di vistare e valutare atti e comportamenti. Ci sono poi poteri “irresponsabili” tecnicamente, che nei fatti possono essere responsabilissimi, ma non rendono conto a nessuno del loro “fare”: sono le grandi concentrazioni economiche e finanziarie; loro sì, concretamente transnazionali e transpartitiche. Più opportuno dunque parlare di poteri “reali” e di poteri “istituzionali”.
Chiarito ciò, si torni pure al bla-bla, al pio-pio, bau-bau e miao-miao in cui si dilettano e si esercitano, in TV e sui giornali, i tanti Cip e Ciop della politica politicante.