L’insostenibile leggerezza
del Partito Democratico

Ci mancava anche la “protesta rosa”, per complicare la vita a Nicola Zingaretti. Con le donne dem che accusano il segretario di aver mandato al governo solo ministri maschi. Ma i guai del Partito Democratico non finiscono qui.

Protesta rosa, Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti


Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti

Sono tanti, uno peggiore dell’altro, e in gran parte nati dall’incredibile serie di errori infilati a partire dalla crisi del governo giallorosso. Quando il segretario si è impiccato da solo con quel «O Conte o voto» che non prevedeva un piano B. Un’alternativa all’alleanza con i Cinquestelle.

E così il povero Zingaretti che all’inizio nemmeno lo voleva il Conte Due, dopo la crisi politica aperta da Renzi che ha mandato a casa “l’avvocato del popolo”, è finito nell’angolo. Senza aver in mano altre carte da giocare e, quindi, senza poter offrire un’alternativa alla maggioranza giallorossa.

Giustamente qualcuno (Renzi) ha perfidamente osservato che un partito vero e accorto com’era una volta la vecchia Dc non avrebbe mai fatto un errore del genere, «nemmeno per difendere un presidente del Consiglio come Alcide De Gasperi».

È finita nel peggiore dei modi. Perché le elezioni anticipate, come largamente previsto, sono risultate impraticabili e il presidente della Repubblica, fallita l’esplorazione del presidente della Camera Fico, ha subito dato l’incarico a Draghi. Un colpo da ko, che ha colto di sorpresa il segretario Dem, perché Mattarella non lo aveva nemmeno avvertito.

A questo punto, completamente spiazzato, Zingaretti ha provato a delimitare il campo di gioco, suggerendo un esecutivo imperniato su una “maggioranza politica” (ovviamente giallorossa) improponibile ed esclusa in partenza dallo stesso Mattarella con la formula dell’emergenza nazionale.

Protesta Rosa, Sergio Mattarella e Mario Draghi

Sergio Mattarella e Mario Draghi

Nonostante questo, Goffredo Bettini, l’ispiratore della “strategia” zingarettiana, continuava a rilasciare dichiarazioni e interviste per difendere Conte e la linea del partito. Tra l’altro senza averne titolo, visto che non ricopriva alcun incarico all’interno del Pd.

Un disastro, completato dall’impenetrabile riserbo con cui Draghi ha avvolto la composizione dell’esecutivo fino pochi minuti prima dell’ascesa al Quirinale con la lista dei ministri. E così adesso Zingaretti cerca affannosamente un nuovo ruolo per un partito senza strategia, dove ormai contano solo le correnti interne. In attesa della resa dei conti che arriverà, inevitabile, con le prossime elezioni municipali che già mostrano un Pd allo sbando. Basti per tutti l’esempio di Roma, dove Zingaretti non è ancora riuscito a individuare il candidato sindaco.