Virus, abbiamo cambiato
anche la Costituzione…

E così, nel silenzio complice di tutti, abbiamo anche cambiato la Costituzione. In fondo non ci vuole molto, niente spargimento di sangue, nessuna lotta armata, meno che mai un dibattito serrato. È bastata una nota apodittica del ministro Speranza, ed eccoci proiettati in una dimensione nuova.

Speranza, Roberto Speranza

Roberto Speranza

«Mai fatto polemiche -ha sentenziato il nostro- dico solo che la difesa del diritto alla salute viene prima di tutto». Noi uomini di montagna, che amiamo la montagna (i partigiani si rifugiavano in montagna mica all‘Ultima spiaggia di Capalbio), siamo rimasti un po’ interdetti.

Che abbia ragione lui, lo Zorro che da dodici mesi combatte il virus con tenacia e destrezza, ci siamo chiesti? Avremo forse esagerato nelle proteste? Qualche attimo di sbandamento, il tempo di riordinare le idee, e poi la via maestra ci è venuta incontro sotto forma di una mano protesa verso la libreria a recuperare il volume sulla Costituzione. Sì quello che si trova in tutte le case degli italiani, e a maggior ragione in quella del nostro ministro della Salute.

Speranza, Sede della Corte costituzionale

Sede della Corte costituzionale

Con un po’ di trepidazione l’abbiamo aperta sull’articolo 1, quello che ci definisce, quello che spiega cos’è che “viene prima di tutto” perché scritto con la passione, la forza e l’intelligenza di quanti uscivano dagli anni della dittatura e della morte civile: «L‘Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro». Democrazia e lavoro, questo viene prima di tutto egregio ministro. Democrazia e lavoro che negli ultimi mesi sono stati offuscati dalla nebbia dei Dcpm. Rassicurati da cotanta lettura, abbiamo riflettuto sul senso profondamente ipocrita dell’affermazione del ministro della Salute. Se fosse davvero animato dal sacro cuore della difesa del diritto alla salute, perché consente che siano venduti tabacco, alcool, cibi sofisticati, solo per fare qualche piccolo esempio?

In altri tempi, quando il galateo politico istituzionale aveva un senso, le parole del ministro sarebbero state censurate e lui invitato ad occuparsi d’altro nella vita. Oggi si può con leggerezza insultare la storia del Paese senza che nulla accada. Toccherà ancora una volta alle donne e agli uomini della montagna organizzare una nuova forma di resistenza.