Riprendiamo dall’Avanti! online e pubblichiamo un articolo di Roberto Obner su La metamorfosi, un libro di Luciano Canfora su Palmiro Togliatti, i suoi eredi e il Pci.
Di due cose si dichiara sicuro Luciano Canfora nel suo pamphlet in occasione nel centesimo della Fondazione del Partito comunista italiano: la prima è che il “nuovo PCI”, nato dalla svolta di Salerno non ha più nulla a che fare con quello di Livorno e che Palmiro Togliatti, il rifondatore, da subito si è mosso lentamente ma costantemente nella direzione della socialdemocrazia tanto che il «Togliatti del 1962 – 1964 e del Memoriale di Yalta è sull’orlo della socialdemocrazia» (p.57).
Canfora cita ancora dal volume di Togliatti, il Partito Comunista Italiano, in cui è scritto: «Il partito comunista non soltanto riconosce e afferma la sua origine dal grande corso del movimento socialista del nostro Paese, ma è fiero di questa sua origine e ad essa si richiama sia nelle posizioni programmatiche che nella azione» (pag. 58). «Dei tratti positivi del movimento socialista, il partito Comunista si sforza di essere erede e continuatore» (pag. 59).
La seconda cosa di cui Canfora è sicuro e che questa prospettiva è stata abbandonata dai successori di Togliatti. Il vicolo cieco che ha portato Enrico Berlinguer ad arroccarsi sulla questione morale è causato, secondo Canfora, dal fatto che il segretario del PCI, (dal 1972 al 1984), non ha maturato (né fatto sorgere nel partito) alcuna convincente e organica visione (e tanto meno opzione) alternativa. Nel suo universo mentale si riscontravano e sì giustapponevano frammenti e stimoli e suggestioni molteplici: un’“altra idea” di rivoluzione, la mai chiarita “terza via”, un po’ di spontaneismo sessantottesco nell’erronea convinzione che fosse quello lo strumento per agganciare le nuove generazioni, apertura all’ambientalismo e vagheggiamento di “una diversa qualità della vita”. Insomma tutto ma non quella riscoperta dell’importanza della «socialdemocrazia come soggetto storico principale dello schieramento di sinistra che pur occhieggiava nell’ultimo Togliatti» (pagg. 67-68).
L’ostinata volontà di non occupare lo spazio della socialdemocrazia è stata, scrive Canfora, la matrice della crescente inconsistenza progettuale e della progressiva perdita di contatto con i gruppi sociali il cui consenso veniva dato ottimisticamente per scontato. Così quello che era il maggior partito italiano alle elezioni del 1984, è stato “suicidato” dal suo vertice appena 5 anni dopo (1989) è sciolto in via definitiva dopo un anno abbondante di agonia (pag. 5). Ed è poi giunto per metamorfosi successive e per progressive trasfigurazioni a farsi alfiere di valori antitetici rispetto a quelli su cui era sorto. Tanto da arrivare, aggiungiamo noi, a darsi come punto di riferimento e di sostanziale guida il leader di una formazione che Canfora definisce di “nullità assoluta”.
Ma sul Togliatti “socialdemocratico” sono necessarie alcune riflessioni. Quando alle dichiarazioni “aperturiste” verso la socialdemocrazia in astratto, hanno corrisposto delle azioni concrete in appoggio alle forze socialiste operanti in Italia.
Sia Togliatti che Nenni che Saragat sapevano bene che non vi era alcuna possibilità di andare contro il veto americano. Saragat fu il primo a trarne le conseguenze politiche per il suo convincimento, basato peraltro su una salda ispirazione marxista, della necessità, ricollegata a Turati, che il Partito Socialista fosse autonomo e democratico. La scissione del gennaio 1947 un errore, perché ha indebolito le forze democratiche nel partito socialista e ha rinviato la revisione necessaria in esso.
Da parte del PCI nei confronti di Saragat scattò la parole d’ordine di cercare di spingere il suo movimento quanto più possibile a destra, di dipingerlo come traditore, di metterlo alla berlina scatenando intellettuali di ogni ordine e grado, rendendolo bersaglio di satira e vignette di pessimo gusto.
Anche oggi qualcosa è rimasto, perché Canfora scrive che non val la pena parlare di un’esperienza, quella del PSLI e poi del PSDI, contraddistinta “dalla bassa cucina saragatiana” e che Togliatti giudicava irrilevante perché nell’azione di governo mai riuscita ad arrivare al riformismo. Ma non è questo il punto. Le forze di Saragat erano quello che erano, andava giudicato sulla scelta del riformismo e del gradualismo e del campo occidentale. E quando anche Nenni cominciò a trarne le conseguenze («siamo soli in Europa e l’oriente non c’è») e a incrinare e poi rompere il patto di unità di azione con il PCI, contro di lui vennero usate le stesse armi che contro Saragat, la repressione da parte dell’URSS della rivoluzione ungherese fu assorbita con sorprendente disinvoltura, e il successivo tentativo di unificazione Socialista, dopo l’incontro tra Nenni e Saragat a Pralogna, fu accolto, da parte comunista, con grande ostilità e mai visto come potenziale base di una alternativa o almeno di rafforzamento delle forze riformiste del governo. E il paese visse le drammatiche conseguenze dell’avventura di Tambroni.
Il primo centro-sinistra, guidato da Fanfani, anche per la diversa capacità politica dei due, è stato sicuramente più efficace rispetto a quelli guidati da Aldo Moro. Soprattutto perché il Psi, a causa della scissione aperta dalla sua sinistra e la creazione del Psiup, è risultato notevolmente indebolito.
Una scissione che il “quasi socialdemocratico Togliatti” non ha di certo ostacolato. Comunque il Psi con le sue scarse forze e sempre attaccato dalla “vera” sinistra, è riuscito a portare a termine le uniche riforme della prima Repubblica (scuola media unica, servizio Sanitario Nazionale, Statuto dei lavoratori).
Canfora ammira Togliatti e condanna chi sostiene una sua doppiezza. Bene, ne prendiamo atto. Ma ammetterà che esiste un fattore tempo. Le decisioni non prese al tempo giusto equivalgono a decisioni di effetto contrario che aggravano i problemi. Le decisioni non prese tra il 1958 e il 1964, quando Togliatti era già sull’orlo della socialdemocrazia, sono costate all’Italia prima i tentativi terroristici di Stato e quindi le stragi nere e il terrorismo delle Brigate Rosse il cui scopo ultimo era evidentemente di far fuori chi era tanto inviso a Washington.
Nessuna doppiezza. Cosa allora? Eccessiva prudenza? Paura di prendere decisioni invise a Mosca, ma in sostanza anche a Washington, alla quale sarebbe stata tolta un’arma di pressione e di intervento? Questa è la colpa politica di Togliatti, che ha sostanzialmente svolto un effetto letale per la democrazia italiana. Altro che «gli ammiccamenti di Craxi all’avventurismo di Lotta Continua o della parigina scuola Hyperion». Craxi su Sigonella ha avuto il coraggio di dire no agli Stati Uniti e il suo onore lo ha dimostrato sul campo.
Luciano Canfora – La metamorfosi
Editori Laterza Bari – Roma 2021