Alt ai cinesi. Mario Draghi aziona la “golden power” e dà un dispiacere a Pechino. Il presidente del Consiglio ha dato il disco verde al cosiddetto “potere d’oro” del governo, cioè alla procedura che vieta la vendita di una azienda italiana considerata strategica a compratori esteri.
Ha sostenuto la decisione del ministro dello Sviluppo economico Giorgetti di bloccare l’acquisto del 70% della Lpe di Baranzate in provincia di Milano da parte della cinese Shenzen Invenland. Il nome Lpe non dice nulla al grande pubblico, ma si tratta di una impresa ad alta tecnologia che produce semiconduttori, circuiti elettronici fondamentali per la produzione di telefonini, computer, automobili.
Draghi è andato dritto al punto: «La “golden power” è uno strumento del governo per evitare la cessione di asset strategici a potenze straniere» perciò va usata «per i semiconduttori». Non solo. Ha aggiunto: di settori strategici da tutelare «ce ne sono altri».
Il presidente del Consiglio, deciso europeista e atlantista, in particolare guarda con preoccupazione all’aggressivo espansionismo economico della Repubblica popolare cinese. Tra le tante, possibili, prossime utilizzazioni della “golden power” c’è l’Iveco. La Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli-Elkann, proprietaria dell’Iveco tramite la controllata Cnh Industrial, sarebbe orientata a vendere il gruppo che produce autocarri, furgoni e autobus. Da mesi si parla di trattative in corso per una cessione alla Faw Jefang, una grande società cinese produttrice di autocarri. La stessa Cnh Industrial aveva confermato le voci di cessione, indicando «discussioni preliminari» in corso per la vendita dell’Iveco.
Sarebbe un nuovo colpo, un altro “gioiello” dell’industria italiana cambierebbe bandiera. Proprio Exor
tre anni fa cedette per 6 miliardi di euro la Magneti Marelli (componentistica per l’auto) alla giapponese Calsonic Kansei. I sindacati sono in allarme. Michele De Palma della Fiom Cgil ha ricordato la vendita e ha commentato: «Non si faccia l’errore della Marelli, si intervenga se necessario con capitale pubblico».
L’allarme è forte per tutto il settore industriale italiano, compresa l’auto. A gennaio è nata Stellantis dalla “fusione paritaria” tra Fca e Psa. John Elkann assieme a Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis e già alla guida operativa del gruppo Peugeot, hanno assicurato che non ci saranno licenziamenti e chiusure di stabilimenti. Anzi Tavares ha rassicurato i sindacati italiani garantendo: Stellantis sarà “uno scudo” per le fabbriche italiane del nuovo gruppo. Ma i nuovi modelli tardano ad arrivare e la cassa integrazione è forte negli impianti del Belpaese e, in particolare, a Cassino, Mirafiori e Melfi.