Anche il Portogallo ha avuto la sua Tangentopoli. Come Mani Pulite fece con Bettino Craxi, anche la magistratura portoghese ha messo nel mirino un ex primo ministro socialista, José Socrates. Premier dal 2005 al 2011.
Ma la somiglianza finisce qui. Perché Craxi è morto da “latitante” in Tunisia e il Psi è stato cancellato insieme alla Prima Repubblica. Socrates – invece – è stato appena prosciolto dalle accuse di corruzione, e a Lisbona il segretario socialista Antonio Costa guida il governo.
Arrestato nel 2014 con l’accusa di frode e corruzione, Socrates, da molto tempo a piede libero, è stato appena rinviato a giudizio dal giudice istruttore Ivo Rosa per frode fiscale e falsificazione di documenti. Ma non verrà processato per la corruzione che gli veniva contestata dal pubblico ministero, dopo la scoperta di 34 milioni di euro depositati in vari conti esteri.
La decisione del giudice istruttore è ora al centro di un’aspra polemica, anche all’interno della magistratura portoghese. Perché mentre Rosa ha fatto cadere l’accusa ritenendo che non ci fossero le “prove” dell’avvenuta corruzione, c’è chi lo critica duramente per un “eccesso di garantismo”.
Al di là dei problemi tecnico-giuridici, è comunque chiaro che adesso il Portogallo si trova a dover fare i conti con un enorme problema, che coinvolge magistratura e politica.
La magistratura esce a pezzi dal caso Socrates. Dopo cinque anni d’indagini e due per la preparazione dell’istruttoria non ha trovato prove concrete di corruzione legate alla montagna di denaro portata all’estero da un ex premier.
Intanto la politica tace imbarazzata. A partire dal 2014, cioè dall’arresto di Socrate, ha messo in campo una legge anticorruzione che impone agli uomini politici di rendere pubblici i propri conti. Ma senza mai obbligarli a dichiarare la provenienza del denaro depositato sui loro conti correnti.