L’appuntamento al centro vaccinazione allestito vicino alla Stazione Termini di Roma, è nel pomeriggio, alle 15,40. Piccola fila, scorre velocemente. Personale gentile, efficiente. Per chi è stanco, le sedie non mancano. Temperatura corporea, igienizzazione; passato l’esame, in un box comunichi i tuoi dati anagrafici e sanitari, immagazzinati in una banca dati.
Poi in un altro box una simpatica dottoressa inietta il vaccino; passi poi in una sala d’attesa, breve sosta di 15 minuti per vedere se ci sono reazioni. Prima di uscire incassi dal personale due o tre volte anche un “grazie” per esserti vaccinato; dovrebbero essere loro a essere ringraziati. Sono le 16,45. Appuntamento per il secondo richiamo ora a metà giugno.
Conseguenze: neppure un pizzicorio al braccio “puncicato”. Dicono che forse potrà venire qualche “effetto” nelle prossime ore, da combattere con Tachipirina. Tutto semplice, facile, rapido, efficiente. Per una volta trattato da cittadino, e non da suddito. Non so altrove. Qui a Roma è andata così.
E Milàn, il gran Milàn? Leggo una cronaca: «…Ore di coda sotto la pioggia per la vaccinazione dei settantenni che sono stati convocati presso il centro di vaccinazione dell’Esercito di via Saint Bon 3. In fila ci sono i milanesi trai 75 e i 79 anni per il primo giorno di vaccinazione con AstraZeneca e gli over 80 per il richiamo di Pfizer. Mentre era in fila, una anziana è scivolata sull’asfalto bagnato cadendo a terra e restando ferita: è stata soccorsa e trasportata in Ospedale a bordo di una ambulanza militare». Una differenza tra Zingaretti e Fontana c’è; e non mi riferisco solo ad amnesie su conti bancari in Canton Ticino…
Nell’attesa, qualche riflessione. Mettiamo in fila le cifre dei decessi Covid della settimana che ci si è lasciati alle spalle: domenica: 331 morti; sabato 334 morti; venerdì 718 morti; giovedì 487 morti; mercoledì 627 morti; martedì 421 morti; lunedì 296 morti… Più di tremila decessi, e si parla di quelli ufficiali. Ogni giorno è come se venisse cancellato un paese.
Nei primi tempi sui giornali si pubblicavano nomi, fotografie, storie; ormai a queste cifre sembra ci si sia fatta l’abitudine. È così, o è scattata una sorta di consegna: per non creare “ansia”, non dare troppa enfasi alla cosa (e infatti nei notiziari TV la cifra è “affogata” a tante altre, un cenno e via: “voltiamo pagina”)?
Restiamoci, invece, nella pagina: su questi tremila e passa decessi di questa ultima settimana, si dovrebbe saperne di più: dove si muore? In quali regioni e città? Si tratta di anziani (e quale età?) o mezza età? Che tipo di altre patologie presentavano? Cosa facevano, come attività lavorativa? Ecco, qualche dato in più aiuterebbe a capire il fenomeno.
Certo, per quel che riguarda i giornalisti questo comporta andare nei luoghi; parlare con operatori, raccogliere testimonianze e notizie; fare interviste, colloqui con esperti e scienziati direttamente impegnati nel lavoro scientifico su una data questione… Lavorare, insomma. Studiare, non foss’altro per piantarla di continuare a ritenere che siano la stessa cosa “vaccino” e “siero” (piccola cosa, questo errore; ma rivelatore dell’ignoranza di tanti che si occupano della questione).
Un appello a giuristi e studiosi di cose legislative: la riforma del titolo V della Costituzione, confezionato in modo frettoloso e imbecille nell’illusione di frenare l’irrompere della Lega sulla scena politica, produce, giorno dopo giorno, i danni e i guasti che vediamo. I “governatori” (e bene sarebbe tornare alla ormai perduta dizione: “Presidenti di regione”), non possono continuare (come fanno) a procedere in ordine sparso, ognuno per proprio conto. Non si è mai visto combattere una guerra (così viene comunemente definita da tutti), dove lo Stato Maggiore dice e dispone una cosa, e i mille caporali fanno quello che pare a loro.
“Un bel tacer / mai scritto fu”. Matteo Salvini continua con il suo mantra: «Non sono uno scienziato, se sì è sì, se no è no. Prendo atto che 40 paesi fanno uso del vaccino Sputnik, mi chiedo cosa attenda l’Europa per dare una risposta chiara».
A parte che per buona decenza, Salvini dovrebbe astenersi di parlare di Russia (chi ha briciole di memoria non ha bisogno che si spieghi perché); l’affermazione è ovvia, banale, intrisa di buon senso farlocco.
È vero: Salvini non è uno scienziato. Dunque, lasci che si occupi della cosa chi ha qualche titolo per farlo; è evidente che “sì,sì-no,no”. I panni evangelici gli stanno però stretti: si ricordi di questo suo dire anche per le mille altre situazioni dove il suo “sì” era un “boh!”, il suo “no” era un “mah!
La sua dichiarazione cade, gioco delle significative coincidenze, proprio quando dalla Cina si apprende che il vaccino di quel paese è una semi-bufala: coprirebbe appena, se va bene, il 30 per cento. Per quel che riguarda una Pandemia di cui si ignora ancora pressoché tutto, è cosa grave, che potrebbe comportare conseguenze facilmente immaginabili. Anche il vaccino cinese è adottato – per disperazione, e nell’ambito di una cinica attività geopolitica – da un buon numero di paesi. Ecco che cade, dunque, l’argomento: lo usano altri, usiamoli anche noi.
Proprio perché per quel che riguarda la Pandemia si apprende e si procede giorno per giorno; proprio perché gli interessi in campo sono molteplici (economici, ma – soprattutto – geopolitici); proprio perché si parla di sostanze che ognuno di noi si deve iniettare nel corpo, con conseguenze che si sta “testando”; proprio perché è irresponsabile far leva su timori e paure comprensibili della pubblica opinione; proprio perché non c’è proprio necessità di vellicare illusioni o prospettare soluzioni miracolistiche, Salvini (e i salvinisti, beninteso) dovrebbe piantarla con questo suo dire e suo fare irresponsabile e cinico.
È bene procedere con i piedi di piombo, è bene che gli organismi preposti con prudenza e cautela cerchino per quanto possibile, con i tempi necessari, verifica e efficacia, dei vaccini proposti. Ancora una volta, a Salvini: «un bel tacer / mai scritto fu».
PERSA L’ENNESIMA OCCASIONE PER TACERE. Vaccini, Salvini attacca Zingaretti: «Nel Lazio prima ai carcerati? Roba da matti». Il Garante dei detenuti, beffardo, osserva: «In Lombardia e in Veneto accade da marzo».