Sembra una fantasia eppure i monopolisti della Silicon Valley hanno avuto paura. Per qualche mese i colossi delle nuove tecnologie digitali hanno tremato sotto le bordate di Elizabeth Warren. La candidata alla Casa Bianca l’anno scorso aveva proposto una imposta patrimoniale a carico dei ricchi e ipotizzato uno “spezzatino” per i grandi trust. Un motto della senatrice democratica nella campagna elettorale era: «È ora di fare a pezzi Amazon, Google e Facebook».
Elizabeth Warren non è stata eletta presidente degli Stati Uniti, Joe Biden con grande fatica ha battuto Donald Trump e i colossi dell’alta tecnologia hanno tirato un sospiro di sollievo. Ma forse hanno sbagliato i conti. Il nuovo presidente non è «Sleepy Biden» («l’assonnato Biden»), l’ex vice presidente di Barack Obama sta smentendo il nomignolo affibbiatogli da Trump. Dal 20 gennaio, da quando si è insediato alla Casa Bianca, si è tuffato in tre enormi battaglie: 1) sconfiggere il Coronavirus che ha sconvolto gli Stati Uniti; 2) rilanciare l’economia della superpotenza con le gambe deboli per affrontare la concorrenza e l’espansionismo della Cina, 3) ricostruire l’unità della nazione dopo la “ferita” del 6 gennaio con l’assalto al Congresso di migliaia di estremisti del sovranismo trumpiano.
Le novità sono molte: dopo il piano di “salvataggio” dell’America, c’è quello di “ricostruzione” post Coronavirus. Nel discorso al Congresso del 28 aprile, svolto dopo i primi cento giorni di governo, ha tirato un primo bilancio positivo: 200 milioni di americani sono stati vaccinati contro il Covid-19, una pioggia di ben 6.000 miliardi di dollari si è riversata e si riverserà sulle famiglie, i lavoratori, le aziende, il welfare. Grandi investimenti ci saranno nelle infrastrutture, nella sanità, nell’istruzione (con il traguardo di rilanciare quella pubblica e gratuita per tutti), nelle nuove tecnologie, nella lotta contro i cambiamenti climatici. È una somma stratosferica finanziata non solo con l’aumento del debito pubblico ma anche con un inasprimento delle tasse concentrate, ha precisato, «sull’1% più ricco della popolazione e sulle grandi corporation».
Biden capovolge la riforma fiscale di Trump, quella del taglio delle imposte agli alti redditi e alle aziende. Il messaggio in favore dei lavoratori e del ceto medio è chiaro. Ha citato Franklin Delano Roosevelt, il presidente che vinse la “Grande crisi” del 1929 e la Seconda guerra mondiale: «Roosevelt diceva: in America ciascuno fa la sua parte. Questo vi chiedo di fare».
Il presidente democratico degli Stati Uniti non ha parlato di una possibile operazione anti trust come quella ventilata da Elizabeth Warren verso la Silicon Valley e molto apprezzata dall’ala radicale del suo partito. Però l’idea della senatrice del Massachusetts potrebbe riemergere improvvisamente. Proprio ora cade il 110° anniversario dello scioglimento della potentissima Standard Oil Company. Il 15 maggio 1911 la Corte Suprema degli Stati Uniti ordinò la “frammentazione” della potentissima compagnia petrolifera di John Davison Rockefeller (deteneva ben il 90% del mercato dei prodotti petroliferi). In base allo Sherman Act, una legge anti trust approvata nel 1890 dal Congresso statunitense, per la prima volta fu posto un argine al predominio dei monopoli responsabili di una artificiosa distorsione del commercio. Le tre conseguenze negative di un monopolio da impedire furono indicate in un aumento dei prezzi, in una riduzione dell’offerta e in una diminuzione della qualità.
Lo scioglimento della Standard Oil decisa nel 1911 fa paura alla Silicon Valley. Amazon, Apple, Facebook, Google, Microsoft sono dei trust potentissimi che impongono prezzi e prodotti a concorrenti medi e minuscoli. E i cittadini consumatori ne fanno le spese. Anche nel 2020, l’anno del terrificante Covid-19, c’è chi si è ulteriormente arricchito mentre una moltitudine di persone ha perso il lavoro, è stata ridotta alla fame.
Jeff Bezos (Amazon) e Elon Musk (Tesla), i due uomini più ricchi del mondo (un patrimonio di 177 miliardi di dollari il primo e di 151 miliardi il secondo) hanno cominciato addirittura a far concorrenza alla Nasa per portare gli uomini sulla Luna e su Marte. Con questo obiettivo Bezos ha dato vita alla società spaziale Blue Origin e Musk a SpaceX. Ma i miliardari con alle spalle giganteschi monopoli non sono solo americani: ormai sono in pista anche squadroni di paperoni cinesi fortissimi sia ad Hong Kong sia nella Cina continentale.