Che fine ha fatto il liberismo economico? Lo ha spazzato via il Covid. Con l’arrivo della pandemia il cosiddetto libero mercato, che per una quarantina d’anni l’ha fatta da padrone in tutto l’Occidente, è finito nel dimenticatoio. Quella teoria economica, che si era trasformata in un dogma, secondo cui lo Stato deve fare un passo indietro lasciando l’economia ai privati, perché alla fine il mercato è capace di autoregolarsi, ha mostrato tutti i suoi limiti.
Il primo segnale è arrivato dalla Sanità privata, che ha subito alzato le mani di fronte al Covid, delegando allo Stato la lotta alla pandemia. Anzi, dovunque la Sanità pubblica era stata smantellata per lasciare spazio alle strutture private, la situazione risultava peggiore e il Covid galoppava indisturbato. È successo negli Stati Uniti, in Inghilterra e anche in Italia. Dove Regioni come la Lombardia, che avevano smantellato i presidi pubblici sul territorio, hanno pagato il prezzo più alto.
Poi è stata la volta dell’economia. Perché tutte le attività costrette alle chiusure hanno dovuto chiedere aiuti pubblici. Con l’Europa che fin ad ora è riuscita a sopravvivere solo grazie alle massicce iniezioni di denaro della Bce e adesso distribuirà i miliardi del Recovery plan. In parte aiuti a fondo perduto e in parte crediti praticamente a tasso zero. Gli Stati Uniti di Biden hanno fatto la stessa cosa. Quasi duemila miliardi di dollari per sostenere la classe media.
Tutte cose, che sono agli antipodi della “regole” imposte dal liberismo affermatosi con Reagan e con Margaret Thatcher. Ma c’è di più. L’Unione Europea, nata e cresciuta con le rigide regole dettate dall’economia di mercato, ha fatto saltare tutti gli antichi parametri. Quelli che avevano costretto Grecia e Portogallo a sottomettersi alle imposizioni della troika per ottenere i fondi europei e evitare la dichiarazione di fallimento.
Già, perché adesso il famoso rapporto deficit-pil è sospeso. E non ci sono limiti all’indebitamento, come non ci sono limiti al fatto che la Banca Centrale Europea stampi tutti gli euro che servono per “regalarli” ai paesi dell’Unione. È la rivincita delle teorie economiche di Keynes, l’economista britannico ispiratore del Piano Marshall, che non credeva nella capacità di autoregolamentazione del capitalismo e prevedeva quell’intervento dello Stato in economia visto come il fumo negli occhi dai liberisti.