Censura. Anzi, tentativo di censura preventiva. Fedez accusa la Rai di aver tentato di censurare il suo discorso al tradizionale concertone del Primo maggio patrocinato dai sindacati. In particolare il rapper accusa l’azienda radio-televisiva pubblica di aver tentato la censura preventiva perché attaccava alcuni esponenti della Lega per atteggiamenti omofobici.
Scoppia il finimondo. La Rai smentisce ogni accusa di censura preventiva. La commissione parlamentare di Vigilanza convoca il direttore di Rai3 Franco Di Mare. Il pandemonio da giorni dilaga sui giornali, sulle tv, su Internet. Dilaga il tema censura e, in testa, quella preventiva. Dilaga lo scontro tra Fedez e Rai. Dilaga l’assalto all’arma bianca tra i partiti e, in particolare, tra la Lega da una parte e il M5S e il Pd, dall’altra.
L’arma più brandita è una famigerata parola: lottizzazione. Quasi tutti i partiti, in un clima da rissa, chiedono l’ennesima riforma della Rai. Enrico Letta e Giuseppe Conte sembrano rimodulare uno slogan di successo degli ultimi trent’anni: fuori i partiti dalla Rai. Il segretario dei democratici dice: «Fuori i parlamentari dal cda della tv pubblica». Il nuovo leader in pectore dei grillini sollecita a «riformare la Rai e a sottrarla alle ingerenze della politica». Il segretario della Lega Matteo Salvini annuncia una «proposta sulla Rai» e suona i tamburi di guerra contro il M5S e il Pd perché «hanno occupato ogni angolo, ogni scantinato della Rai».
Regnano populismo e confusione, si agita una doppia morale. Se una azienda è pubblica e, per di più, è un delicato servizio pubblico radio-televisivo dedicato all’informazione e alla cultura è giusto e naturale che sia amministrato da soggetti pubblici come avviene in tutti i paesi democratici occidentali. Sarebbe strano se una azienda finanziata dai contribuenti e con finalità di servizio pubblico fosse affidata ai privati e ai loro interessi particolari.
Suona strano che i partiti, ancora una volta, tuonino “fuori i partiti dalla Rai” mentre, con “dirigenti di area” hanno saldamente in mano il vertice di viale Mazzini; le guide di Tg, Gr, reti televisive e radiofoniche.
Facciamo un po’ di chiarezza: la censura, in testa, quella preventiva, è inammissibile perché la libertà di espressione è l’anima della democrazia. Si possono avere tutte le idee di questo mondo: tutte possono essere esposte e sostenute anche con decisione ma civilmente. In Italia tutti i maggiori partiti sono rappresentati ampiamente sia ai vertici sia nei centri decisionali nevralgici della tv di Stato, così chiamata perché le sue azioni sono di proprietà del ministero dell’Economia e perché gran parte del finanziamento deriva da una imposta pagata dagli italiani tramite la bolletta della corrente elettrica.
Tutti i governi e i partiti hanno tuonato contro la lottizzazione e poi non sono mai stati conseguenti. Ognuno ha le sue idee politiche. La via maestra è di scegliere persone professionalmente competenti e autonome, capaci di rispettare le notizie senza tentazioni di censure.
Forse occorrerebbe ricordare la Prima Repubblica. La Rai era una azienda di alto livello, in gran parte lottizzata dai partiti con professionisti di grande valore: la Dc aveva il Tg1 e la prima rete, il Psi il Tg2 e la seconda rete, il Pci il Tg3 e la terza rete. Poi la cosiddetta “zebratura” assicurava una presenza anche ai partiti laici (Psdi, Pri, Pli). Nella Seconda e nella Terza Repubblica vige la doppia morale. Quando scoppia un caso i partiti chiedono l’estromissione dei partiti (cioè di loro stessi) e, poi, fatta una riforma-romanella, si ricomincia come prima. È successo troppo spesso.