La febbre da vaccino alle volte può mettere paura. Prima c’era una sala per le donazioni del sangue, ora c’è un centro di vaccinazione anti Covid-19. Percorro con la macchina via Portuense, poi giro per la salita San Carlo. Mi ferma una guardia giurata e mi prende la temperatura appoggiandomi un misuratore sul polso.
Arrivo puntuale al millesimo all’appuntamento, alle 16,15 al centro di vaccinazione dell’Ospedale San Camillo Forlanini. Un assistente sanitario gentile mi domanda il nome, risulto nell’elenco delle prenotazioni. Mi dice: «Si accomodi pure, lì sulla destra. La chiameremo tra poco». E così è. Una dottoressa cortese mi domanda di quali farmaci ho bisogno per le mie più o meno piccole malattie. Mi dà una tirata d’orecchi perché non ho compilato tutti i moduli da presentare. Mi domanda il codice fiscale, sprovvisto degli occhiali da lettura “inciampo” e molto cortesemente interviene una infermiera per leggere la lunga combinazione di numeri e lettere.
Mi tolgo la maglietta, siedo su una poltrona per le vaccinazioni e porgo il braccio sinistro. È un attimo: zac! L’infermiera immerge e toglie con maestria la siringa. Quasi non mi accorgo della puntura col vaccino. Ringrazio e mi congratulo: «Bravissima! Non ho sentito nulla». Mi fa sedere in una adiacente sala di attesa per 15 minuti: una precauzione contro possibili “effetti collaterali” negativi. Passa un quarto d’ora, sto benissimo e chiedo in segreteria il certificato vaccinale.
Sono stupefatto per l’efficienza della Sanità statale e del Lazio, sembra di stare in Svizzera a Zurigo e non in Italia, nella dissestata Roma. Mi danno addirittura i moduli da compilare per il richiamo del vaccino, fissato ai primi di agosto.
Io sono soddisfatto per due motivi: 1) mi sto immunizzando contro il Coronavirus (almeno così spero), 2) ho fatto il vaccino AstraZeneca sul quale sono fioccati molti dubbi, non a caso alcuni miei amici hanno fatto i salti mortali per avere il Pfizer o il Moderna. Il Coronavirus mette paura agli italiani e a Mario Draghi: il presidente del Consiglio sulla vaccinazione di massa e sulla sconfitta della pandemia si gioca la stessa sorte del governo.
In serata, però, il braccio sinistro comincia a farmi leggermente male. Vado a letto tranquillo ma è una notte da incubo. Arrivano gli “effetti collaterali”. A mezzanotte mi sveglio, ho freddo e dei dolori mi colpiscono alle gambe e alle braccia. Non mi preoccupo: «Sarà la febbre…». I brividi di freddo aumentano e così pure i dolori alle ossa. Guardo l’ora proiettata dall’orologio digitale sul soffitto della camera da letto: l’una, le due. Non riesco a dormire per il freddo e la situazione peggiora fino alle tre del mattino. Comincio a impensierirmi: «C’è il rischio trombosi!». Ma cerco di rassicurarmi. Penso alla febbre da vaccino: «Sono effetti collaterali estremi, rarissimi». Poi, fortunatamente i brividi di freddo e i dolori progressivamente calano. Alle 7 mi sento spossato, ma tutti i rischiosi sintomi sono praticamente passati. Mi alzo.
Ho voglia di scrivere un articolo sulla vicenda e mi metto al computer. Può aiutare qualche altro vaccinato. Sembra finita bene, come la tribolata vicenda della Sanità pubblica italiana.