Il Covid rallenta, l’Italia riapre a tappe forzate e il governo archivia il coprifuoco, che cesserà il 21 giugno prossimo. E i virologi? E gli immunologi? E gli infettivologi? Insomma, che cosa dicono adesso gli esperti – ed erano tanti – che ad aprile si schierarono contro le riaperture annunciate da Draghi profetizzando una “catastrofe” estiva? Qualcuno approva: «Giusto riaprire». I più tacciono.
E con questo sembra completata anche la parabola del Cts, il famoso Comitato tecnico scientifico, che a febbraio dell’anno scorso fu chiamato (da Conte) ad affiancare il governo nella lotta alla pandemia. Il problema è che il Comitato, che già pronunciato in acronimo con le tre consonanti di fila suona minaccioso come la Spectre, ha debordato per più di un anno. Con i suoi rappresentanti più telegenici che andavano ogni sera in Tv a esprimere pareri personali, ad azzardare previsioni e – quasi sempre – a sollecitare nuove chiusure.
Se poi si aggiunge che spesso i pareri di molti di questi esperti apparivano in contrasto fra di loro, si capisce perché, a un certo punto, Mario Draghi ha deciso di mettere mano al machete, portando il Cts da 26 a 12 membri e mettendo fine alle esternazioni a mezzo stampa dei suoi rappresentanti. Per evitare equivoci e fughe in avanti rispetto alla strategia del governo, facevano trapelare da Palazzo Chigi.
Poi, il 26 aprile, il premier ha annunciato le riaperture decise senza consultare il Cts. Anzi, contro il parere di molti “scienziati” che profetizzavano l’esplosione dei contagi e la catastrofe estiva. E se Draghi sosteneva che la decisione del governo nasceva da un “rischio calcolato”, il microbiologo Andrea Crisanti, che non faceva parte del Comitato ma era uno degli esperti più attivi sui media, riassumeva così l’opinione di tanti colleghi: «Di calcolato vedo ben poco e il vero rischio è giocarci l’estate…riaprire ad aprile è una stupidaggine epocale…».