Ad autunno si torna a votare. Per eleggere il sindaco della capitale e i primi cittadini di città importanti come Torino, Milano, Bologna, Napoli. In tempi normali una chiamata alle urne del genere può cambiare l’intero quadro politico nazionale. Ma non viviamo in tempi normali. Questa tornata elettorale rappresenta il primo test per i partiti terremotati dalla crisi politica che ha portato a Palazzo Chigi un premier nominato, autorevole finché si vuole, ma senza alcuna legittimazione elettorale.
Commissariati di fatto da Mario Draghi sul piano nazionale, i leader politici sono ancora sotto le macerie. La vana ricerca di candidati per le prossime amministrative è il sintomo più evidente della crisi. Tutti: a destra e a sinistra sono in affanno. Spiazzati continuamente da un presidente del Consiglio che fa esattamente quello che vuole, i segretari dei partiti si limitano a issare ogni tanto qualche bandierina identitaria, ma poi non riescono a recuperare un ruolo nemmeno sul piano locale.
Non è un caso se ai primi di giugno né il Pd, né il centrodestra sono ancora riusciti a mettere in campo un candidato per Roma. Né altrove va meglio. Passata l’estate, oltre che nella capitale, si voterà anche in molte grandi città. I leader politici continuano a rinviare perfino la scelta del candidato sindaco per il Campidoglio. Con Salvini e la Meloni spaccati su candidati non proprio notissimi (Michetti e Matone) e il Pd che alla fine ha deciso di ricorrere alle primarie, ma solo domenica 20 maggio.
Tutto lascia prevedere che prevarrà l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che adesso i Dem presentano come un candidato forte, ma – in realtà – rappresenta una seconda scelta. Con Zingaretti segretario, il Partito Democratico non ha mai voluto appoggiare la candidatura di Calenda, che infatti correrà da solo, e ha cercato per mesi un nome da presentare insieme a Cinquestelle. Operazione fallita per la crisi del Movimento fondato da Grillo e per la strenua resistenza della sindaca Raggi che alla fine è riuscita a spuntarla e a ottenere la ricandidatura.
Con l’arrivo di Enrico Letta alla segreteria, Gualtieri si è subito detto disponibile, ma è stato messo in naftalina nella speranza di convincere Zingaretti a correre per il Campidoglio. Fallita anche questa operazione, sono state riesumate le primarie e Gualtieri è stato ripescato.