Tutti la vogliono, ma nessuno la piglia. La chiave delle prossime elezioni per il Campidoglio è nel paradosso di una capitale che nessuno ha il coraggio di amministrare. A destra e a sinistra non si vede un partito che abbia voglia di prendersi il Campidoglio, anche se un nuovo sindaco, dopo un mandato appena decente, potrebbe tranquillamente puntare a un grande ruolo nazionale.
Riportare Roma alla normalità, dopo l’esperienza non proprio esaltante della giunta Raggi sarebbe una grande sfida politica. Ma la prima a non volerla affrontare è stata la romana Giorgia Meloni che, pur avendo la possibilità di prendersi il Campiglio a man bassa, si è chiamata fuori dal primo momento e adesso litiga con Salvini per presentare un candidato “civico” che nessuno conosce.
Stesso discorso per il Pd che non ha voluto appoggiare Calenda, ha cercato a lungo un candidato condiviso con Cinquestelle, poi ha provato a convincere Zingaretti e adesso va alle primarie puntando su una seconda scelta, l’ex ministro Gualtieri. Un disastro che potrebbe costare caro al partito e al suo attuale segretario Enrico Letta.
E così in vista di una tornata elettorale in cui sono in ballo i sindaci della capitale e di alcune tra le maggiori città italiane, i leader dei partiti volano basso, preferendo la tattica alla strategia, la propaganda alla battaglia politica. Con Salvini che mette in campo una controversa federazione con Forza Italia, per evitare il sorpasso della Meloni, visto che secondo i sondaggi ormai Fratelli d’Italia è a un passo dalla Lega. Con Enrico Letta che cerca di far sventolare qualche bandiera di sinistra nel tentativo di evitare un nuovo smottamento dei Dem. Con il redivivo Conte che manda in scena una rifondazione del M5S come partito di lotta e di governo.
E nessuno che pensi seriamente di affrontare una vera battaglia politica, come quella della successione della Raggi in Campidoglio. Con un progetto di rinascita e – quindi – con un candidato forte, capace di disboscare la giungla clientelare che ha fatto di Roma la peggiore capitale d’Europa. Prima per le buche che rendono impraticabili le sue strade, ultima per la raccolta dei rifiuti che traboccano dai cassonetti ingombrando i marciapiedi, e ultima per il trasporto pubblico dell’Atac, la cui inefficienza è stata appena impietosamente fotografata dalla Corte dei Conti.
Eppure, la sfida per la conquista del Campidoglio rappresenterebbe una grande occasione per qualsiasi candidato vero e per il suo partito. Per capirlo non ci vuole molto, basta guardare fuori dalla finestra di casa. Alla Francia, per esempio, dove Chirac conquistò il partito gollista e l’Eliseo dopo aver fatto il sindaco di Parigi. Ma, per andare a tempi più recenti, si può osservare il Portogallo, dove Antonio Costa è saldamente alla guida del governo e del Paese da due legislature, dopo aver fatto (bene) il sindaco di Lisbona.