Le vendite Stellantis fanno boom. A maggio la casa automobilistica nata a gennaio dalla “fusione paritaria” tra Fiat-Chrysler e Peugeot-Citroen ha immatricolato in Italia 56.148 macchine, più 49,5% rispetto a un anno fa. Un analogo aumento clamoroso c’è stato a maggio anche in Francia: più 42,3%.
Le vendite vanno a gonfie vele in tutta Europa. I giornali, in particolare quelli di proprietà della famiglia Agnelli Elkann, hanno sottolineato la leadership europea del gruppo automobilistico franco-italo-americano: nei primi tre mesi del 2021 ha conquistato una quota di mercato di oltre il 23% nel vecchio continente.
Tuttavia la fusione fa bene solo all’auto francese, non a quella italiana. Mentre le vendite Stellantis dei marchi transalpini tirano forte, quelli del Belpaese annaspano. Il grave problema emerge poco sulla stampa. I sindacati sono molto preoccupati per lo stato semicomatoso delle fabbriche italiane. Michele De Palma, responsabile auto della Fiom Cgil, ha tracciato al Corriere della Sera un quadro da allarme rosso per gli stabilimenti del nostro paese: «Tutti gli impianti vivono di ammortizzatori sociali, se si eccettua quello della Sevel a Val di Sangro che produce veicoli commerciali leggeri. Significa una riduzione strutturale del salario di tutti i lavoratori».
La cassa integrazione colpisce pesantemente soprattutto Grugliasco (Maserati) e Cassino (Alfa Romeo). Ma non si salvano nemmeno Mirafiori (Fiat e Maserati), Melfi (Fiat e Jeep), Pomigliano (Fiat). La ex Fca ha tardato nel varare gli investimenti nei nuovi modelli per gli impianti italiani, privilegiando quelli negli stabilimenti statunitensi e brasiliani. Di qui i gravi problemi di vendite, produttivi e occupazionali nella Penisola.
Finora da Stellantis, in cinque mesi di attività, si è visto ben poco. I sindacati e i lavoratori italiani aspettano un piano industriale. Sono fortemente preoccupati: temono la chiusura degli impianti, reclamano il rispetto degli impegni sugli investimenti promessi per i nuovi modelli. Carlo Tavares e John Elkann ripetutamente hanno ribadito: «Non ci saranno chiusure di impianti». L’amministratore delegato di Stellantis a fine gennaio, lasciati gli uffici di Parigi, ha fatto un viaggio in Italia. Assieme a Elkann ha visitato Mirafiori e Cassino. Tavares ha rassicurato i lavoratori sull’occupazione, anzi ha indicato “lo scudo” di Stellantis per salvaguardare le fabbriche italiane. In particolare ha parlato dello “scudo” del nuovo gruppo per rilanciare l’Alfa Romeo e la Maserati, i marchi di qualità individuati da Sergio Marchionne come le carte vincenti per far lavorare gli stabilimenti e garantire la piena occupazione in Italia. Ma lo “scudo” non si è visto. Sono proprio le case del Biscione e del Tridente, molto trascurate, ad accusare i problemi più gravi nelle vendite per la mancanza di nuovi modelli.
Lo scorso ottobre Elkann, presentando sul tetto del Lingotto a Torino la 500 elettrica, lanciò un appello all’impegno e alla fiducia. Il presidente di Stellantis parlò delle paure per il futuro: l’Italia se saprà affrontare «le sfide» sarà una protagonista nell’automobile «anche nel XXI secolo». Ma spetta soprattutto al vertice di Stellantis, a Tavares e a Elkann, affrontare «le sfide» per l’auto: in Italia come in Francia, in America come presto in Cina. Torino e l’Italia sono state la culla della Fiat e la famiglia Agnelli-Elkann è il socio di maggioranza relativa di Stellantis con il 14,4% delle azioni. Le vendite Stellantis parlano soprattutto francese. Forse contano di più i francesi con la guida operativa del gruppo affidata a Tavares, con il 7,2% delle azioni nelle mani della famiglia Peugeot e il 6,2% in quelle del governo di Parigi.