I tetti d’Italia sono a rischio. Non tutti, ovviamente, ma solo quelli che ospitano installazioni fotovoltaiche. L’inquinamento da polveri sottili, il famigerato particolato atmosferico (PM2.5), fa molto male al rendimento delle apparecchiature piazzate sui tetti di edifici pubblici e privati. Gli italiani stanno investendo molto sull’energia dal sole grazie ad incentivi statali, regionali e campagne promozionali. La produzione attuale è di circa 22 gigawatt, cresciuta in un solo anno del 12%. Eppure bisogna fare i conti con l’inquinamento atmosferico che se non controllato annulla i sacrifici.
Quando le polveri sottili – che peraltro respiriamo a pieni polmoni – raggiungono soglie elevate, i pannelli fotovoltaici hanno perdite di efficienza fino al 5% annue. Il Centro Enea di Portici e il Dipartimento di Ingegneria Ambientale della
Federico II di Napoli, hanno condotto uno studio approfondito che potrebbe avere conseguenze sui Piani clima delle città. Le rilevazioni sono state effettuate nella stessa Portici, città simbolo di urbanizzazione sfrenata negli anni ’60-’70, ma lanciano un monito generale. Cosa è stato scoperto? Che analizzando i rilevatori ottici per le polveri sottili, «il particolato disperde in maniera rilevante la radiazione solare e proprio nel range di lunghezze d’onda in cui ci si attende che le celle solari funzionino al meglio» risponde Girolamo Di Franci, ricercatore Enea. I vantaggi delle energie alternative non sono in discussione, come osserva anche il Gestore dei servizi energetici nei suoi Report, ma avere dati nuovi a disposizione è segno di buona amministrazione.
È da tempo che Enea studia fenomeni complessi dell’inquinamento atmosferico, degli impatti sul suolo e sulla salute umana. Di pari passo con lo sviluppo delle tecnologie connesse alle nuove fonti energetiche sono stati elaborati modelli che stanno portando a risultati completamente sconosciuti. L’energia fotovoltaica ha una bassa intensità di potenza, ma il suo impiego anche in un Paese come l’Italia richiede una connessione stretta tra produzione di energia e tutela dell’ambiente. Non siamo allo stato della Cina, dove la devastante diffusione di emissioni climalteranti abbatte la capacità dei pannelli in una percentuale quasi tre volte superiore a quella rilevata da Enea. Ma lo studio italiano stimola decisioni politiche più ampie e circolari. Fosse anche per dare più concretezza agli incentivi pubblici per passare al fotovoltaico e non per sussidiare il popolo senza benefici.