Se la prende con Salvini, Enrico Letta, per via dell’alleanza appena sottoscritta con Orban e la destra sovranista europea. E – naturalmente – per la contemporanea presenza della Lega nella maggioranza che sostiene il governo Draghi. Giusto. Ma il segretario del Pd farebbe bene a guardare in casa sua e a prendersela anche con se stesso. Per via di quell’alleanza con il Movimento fondato da Grillo, la cui crisi adesso rischia di travolgere il Partito Democratico.
Lo stratega dell’operazione Cinquestelle fu Goffredo Bettini, all’epoca ascoltatissimo consigliere del segretario Dem Nicola Zingaretti. L’occasione si presentò dopo la svolta del Papeete, con cui il leader della Lega, Salvini, liquidò la maggioranza con il M5S e affondò il governo gialloverde. Era il momento di riportare il Pd al governo, con grande gioia dei capicorrente del partito, in crisi d’astinenza dopo la fine del governo Gentiloni e la sconfitta elettorale alle politiche del 2018, che avevano visto il trionfo di Cinquestelle. Grillo approvò e così nacque la maggioranza giallorossa.
Poi, quando Matteo Renzi fece saltare il secondo governo Conte, il Pd s’impiccò a quel “Conte o morte” che lo spinse a cercare in Parlamento una manciata di “responsabili” per continuare come prima.
Finì male. E il presidente della Repubblica Mattarella chiamò Mario Draghi a Palazzo Chigi. Senza aver messo a punto un piano B, il Partito Democratico entrò nella larga maggioranza a sostegno dell’ex governatore della Bce, ma continuò sulla via dell’alleanza con i Cinquestelle. Zingaretti, che nel frattempo si era dimesso da segretario, ma non da presidente della regione Lazio, li fece entrare nella sua maggioranza alla Pisana. E il nuovo segretario Pd, Enrico Letta, continuò a cercare candidati sindaci da condividere con Cinquestelle per le amministrative di autunno. L’operazione non diede grandi risultati. Basti pensare al pasticcio di Roma, dove il M5S ha confermato l’appoggio alla sindaca Raggi, che ha tenuto duro sulla sua ricandidatura, con il PD che ha lasciato solo Carlo Calenda, che punterà al bacino elettorale di centrosinistra, e in extremis ha dovuto candidare l’ex ministro Gualtieri, dopo aver cercato (invano) di convincere Zingaretti a scendere in campo per la guida del Campidoglio.
Ma il peggio deve ancora venire. Lo scontro Conte-Grillo ha messo sotto gli occhi di tutti la gravissima crisi del M5S. Con i gruppi parlamentari spaccati in due, un elettorato deluso, smarrito, e in via di polverizzazione. Si tratta di terremoto che rischia di coinvolgere il Partito Democratico. Con buona pace della strategia elaborata e difesa a oltranza da Bettini che voleva fare dell’alleanza Pd-Cinquestelle una specie di nuovo Ulivo. Ma così non è stato. L’idea di trasformare la vecchia maggioranza su cui si reggeva il governo giallorosso nel nuovo riferimento per l’elettorato di centrosinistra, non ha funzionato. Più che una mossa strategica si è rivelata una strategia del nulla…