Due filosofi, Giorgio Agamben e Massimo Cacciari, hanno innescato una polemica/dibattito che esula dal diritto-dovere di vaccinarsi per contrastare il Covid; contestano l’introduzione del certificato cosiddetto “green pass”, che consentirebbe a chi ce l’ha di poter accedere in luoghi chiusi “pubblici”, tipo cinema, teatri, ristoranti, treni, ecc. Un qualcosa da stato totalitario, simile al passaporto interno in auge nell’Unione Sovietica; che discriminerebbe i cittadini; e di più: li sottoporrebbe a pericolosi controlli da parte del potere…
Discorso teorico che scivola sull’astratto; ma data la levatura dei personaggi che l’hanno sollevata, val comunque la pena di spenderci qualche riflessione. Il punto, per esempio, del “controllo”, dell’esser vittime di un “Grande Fratello” che tutto vede e sa.
Prosaicamente si potrebbe obiettare che può importare pochino che si sappia che quella sera siamo andati al ristorante o al cinema; ma si potrebbe essere tacciati di superficialità e insensibilità, meglio astenersi.
Dunque, la privacy. Vuotiamo il portafogli: c’è la tessera sanitaria; la tessera col codice fiscale; la patente; poi la carta d’identità; il passaporto; la tessera bancomat; le carte di credito; la tessera professionale; la tessera per punti Feltrinelli; la tessera Conad; la tessera Coop; le tessere di un altro paio di supermercati; la tessera punti Alitalia; la tessera punti Air Delta; la tessera Freccia Rossa Trenitalia, la tessera dell’autobus. Per non parlare del telefono cellulare, dell’ I-Pad, del computer, del pass autostrada per non fare fila al casello…
Ora Agamben e Cacciari mi dicono che il Green pass è un attentato alla mia libertà? Ma dai…