La sorpresa della nuova Italia che emerge dallo sport non è il Paese diverso: multietnico, organizzato, tenace e al passo con i tempi che cambiano velocemente. La vera sorpresa del Paese che ci è stato consegnato a giugno dagli Europei di calcio e adesso dalle Olimpiadi, è che fino ad ora nessuno se ne era accorto.
Non se ne era accorta la politica che – dopo essere stata commissariata dalla coppia di ferro Mattarella-Draghi – ha continuato imperterrita a piazzare le sue bandierine in un “dibattito” surreale. Non se ne erano accorti i media, che si sono adattati a fare da cassa di risonanza alla propaganda dei partiti. Senza andare oltre. Senza cercare di drizzare le antenne per cercare di raccontare il paese reale al di là del Covid.
Come se uscire dal Palazzo, indagare su quell’Italia periferica che stava avviando un grande cambiamento, non fosse uno dei compiti del giornalismo. D’altra parte non è un caso se l’informazione, tutta l’informazione, attraversa una crisi senza precedenti. Per spiegare la quale non basta l’avvento di Internet, perché il grande problema dei nostri media è l’assenza di contenuti, la distanza dalla realtà che giorno dopo giorno la condanna all’irrilevanza.
Ci volevano le quaranta medaglie di Tokyo perché finalmente i media di accorgessero che esiste anche un’altra Italia, emancipata, multietnica e multiculturale. L’Italia dei figli degli immigrati che cantano a squarciagola l’inno di Mameli, quella che rifiuta le discriminazioni di genere. Ma anche quella capace di competere e vincere. Grazie a una capacità di sacrificio, di programmazione e di lavoro fino ad oggi inimmaginabili.
Perché, come è stato osservato in occasione della 4×100, specialità che si gioca sui cambi millimetrici del testimone e quindi richiede una preparazione perfetta, un oro olimpico non arriva per caso.