Proprio nelle ore in cui tutti criticano e polemizzano con il presidente degli Stati Uniti, mi sento di dire: «Grazie, Joe Biden». Il lettore a questo punto si sentirà autorizzato a sospettare che il caldo mi gioca un pessimo scherzo. Non è così.
Non c’è il minimo dubbio che la ritirata dall’Afghanistan delle truppe USA si svolga nel peggiore dei modi. Non c’è dubbio che sul banco dell’accusa, oltre i governi, ci siano le intelligence americane e dei paesi NATO: non hanno saputo vedere, pre/vedere, capire, avvertire per tempo qual è, e qual era, la situazione in quel tormentato paese. Non c’è neppure da dubitare che sia colpa grave e imperdonabile che non sia stato predisposto alcun piano, né A, né B. né C.
Allora perché mai ringraziare l’amministrazione Biden, per la conclamata, indiscutibile, inescusabile insipienza? Consapevole di essere sul filo del paradosso, azzardo una simulazione. Si faccia conto che tutto invece di consumarsi nel modo in cui sappiamo, avesse seguito i binari auspicati. Azzardiamo un ritiro degli americani e dei paesi NATO secondo le tabelle e i tempi redatti nelle lontane e sicure centrali del comando i in Occidente…Dunque, le truppe sul campo ordinatamente si imbarcano, e ritornano in patria; con loro qualche migliaia di afgani che in questi vent’anni hanno collaborato a vario titolo con gli occidentali. Supponiamo che scaduti i fatidici novanta giorni, i Taliban prendano il potere in “tranquillità”. Ecco: che cosa sarebbe cambiato? Quale diverso destino per le donne afgane che non sono riuscite a espatriare? Quale futuro per le loro figliolette? I
Taliban al novantunesimo giorno non avrebbero – come fanno oggi – rastrellato casa per casa, imposto il burqa e la Sharia, non avrebbero proclamato il regime islamico? Quello che accade, non sarebbe comunque accaduto, ma a distanza di novanta giorni? Sarebbe accaduto. Nulla sarebbe mutato, unica differenza: nell’indifferenza dei più e il silenzio dei tanti; il mondo non avrebbe visto, come oggi invece vede; tutto si sarebbe consumato lontano dagli occhi e lontano dal cuore. Oggi – è poco, certo – almeno si sa; nessuno può dire: non ho visto, non ho sentito, non so. Le immagini di quelle povere madri che si strappano dal petto i loro figlioletti e li affidano a militari sconosciuti di paesi (così simili alle donne ebree che affidavano a sconosciuti i loro figli prima di essere avviate nei lager dei nazisti), le abbiamo sotto agli occhi. Se dimenticheremo, se resteremo inerti, silenziosi, indifferenti, sarà solo e unicamente colpa nostra. Perché noi ora sappiamo. Se le cose fossero andate come Biden aveva promesso e auspicato, non avremmo mai visto quelle immagini, ascoltato quelle drammatiche testimonianze. Esattamente come ignoriamo i mille drammi e le mille tragedie che si consumano in Africa, in molte parti dell’Asia, e perfino in qualche paese europeo.
Per questo, con amarezza e molta vergogna, oggi dico: grazie, presidente Biden.