A due settimane dal voto per il Campidoglio è ormai evidente che Enrico Michetti, messo in pista da Giorgia Meloni, sta diventando un problema per il centrodestra e soprattutto per la leader di Fratelli d’Italia che rischia di pagare a caro prezzo la scelta di un “candidato civico” che sta mostrando molti, troppi limiti.
Fino a metà settembre, quella di Michetti è apparsa una campagna elettorale debolissima, al limite dell’inesistenza. Tutta centrata sulla riforma della macchina amministrativa capitolina. Terreno su cui evidentemente, da avvocato amministrativista, il candidato del centrodestra pensava camminare senza inciampi. Per il resto, niente, a parte qualche infelice battuta come quella sul “saluto romano” più igienico di una stretta di mano. Non a caso i sondaggi gli assegnano sì la vittoria al primo turno e la certezza del ballottaggio, ma con un numero di consensi inferiore a quello delle liste che lo sostengono.
La specialità del candidato Michetti è apparsa sin dall’inizio quella di evitare i confronti con i concorrenti, le domande dei giornalisti, i microfoni e le telecamere. Lo aspettavano a un convegno? E lui senza dir niente a nessuno se ne andava a Tor Bella Monaca. E così per il centro commerciale di Battistini dove dava buca a tutti i presenti in attesa, per comparire al ghetto ebraico dove non c’erano riflettori e giornalisti. Il che per un candidato in piena campagna elettorale non è proprio il massimo.
Insomma, una brutta gatta da pelare, soprattutto in vista del secondo turno e d’un ballottaggio in cui -secondo tutti i sondaggi- Michetti uscirebbe perdente sia contro Gualtieri che contro Calenda. E Giorgia Meloni ha deciso di accorrere in aiuto del suo candidato. Lo ha fatto sabato 18 settembre, con un comizio a Piazza del Popolo organizzato da Fratelli d’Italia per “Michetti sindaco”. Assenti Forza Italia e Lega.
Un modo per dare un segnale plastico della forza della destra nella capitale. Con la Meloni a sostenere tutto il peso della rappresentazione. Sbracciandosi quando è partito il coro “En-ri-co—En-ri-co” e difendendolo con parole che però hanno finito per tradire una certa preoccupazione: «Abbiamo scelto un buon candidato…Enrico è capace… Gli altri fanno battutine perché lo temono…».
E Michetti? Fiacco, anche questa volta: «Noi siamo gente per bene che rispetta la costituzione, il popolo, la famiglia, la patria…». Poi l’immancabile promessa: «Rimetteremo in piedi la macchina amministrativa». E basta.