Green pass obbligatorio
corre tra qualche dubbio

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Il green pass

«Prego il Green pass!». Il Green pass obbligatorio fa tirare un sospiro di sollievo alle aziende. Dal 15 ottobre i lavoratori dovranno esibire la certificazione verde per entrare negli uffici e nelle fabbriche. Dovranno dimostrare di aver fatto il vaccino anti Covid, o il tampone o di essere guariti dal virus.

Gli imprenditori grandi e piccoli tirano un sospiro di sollievo perché così l’attività produttiva potrà procedere a pieno ritmo senza il pericolo di pericolosi contagi tra i dipendenti. Sarà una operazione enorme. Coinvolgerà oltre 23 milioni di lavoratori italiani: pubblici, privati, dipendenti, autonomi. Anche gli idraulici e i lavoratori domestici dovranno presentare una certificazione verde quando entreranno in una casa per svolgere la propria attività. Il governo Draghi con questa mossa sta ottenendo una forte crescita delle vaccinazioni: i rischi di contagio e di finire in terapia intensiva sono alti con la pericolosa variante Delta del virus.

Per le aziende non saranno tutte rose e fiori: il decreto legge del governo affida ai datori di lavoro di  «verificare il rispetto delle prescrizioni», un loro addetto dovrà controllare il Green pass obbligatorio quando i lavoratori varcheranno le porte o i cancelli d’ingresso. Laura Dalla Vecchia, presidente degli industriali di Vicenza, ha detto a Repubblica: «Ora bisogna ragionare e intervenire sui protocolli di sicurezza nelle fabbriche». Già, c’è bisogno di apposite regole per tutte le novità. I medici aziendali hanno già messo le mani avanti: essi non controlleranno le certificazioni verdi.

Green pass obbligatorio, Laura Dalla Vecchia

Laura Dalla Vecchia

Può sorgere un delicato problema. Un privato, un dipendente dell’azienda, può controllare il Green pass obbligatorio all’ingresso al lavoro? È una funzione pubblica delegabile all’azienda? L’impresa, i datori di lavoro, possono controllare i lavoratori (la controparte) su una verifica sanitaria non riguardante l’attività produttiva? Il decreto legge del governo ha affidato questo compito alle aziende ma per molti non è così pacifica la questione.

I contestatori dei vaccini, del Green pass, del Super Green pass obbligatorio bocciano tutto in blocco. Il 18 settembre  i “no Green pass” sono scesi in piazza. A Milano, Torino, Trieste, Roma hanno reclamato “libertà” di pensiero, di lavoro e sanitaria. Mario Draghi, però, la vede diversamente. I vaccini e il Green pass obbligatorio garantiscono due volte la libertà: assicurano la salute e l’attività economica scongiurando altre “chiusure”. Il presidente del Consiglio ha commentato nei vari incontri: «Questo decreto è pensato per continuare ad aprire».

Come Draghi la pensano anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e tutti i partiti della maggioranza. Il decreto legge sul Super Green pass è stato varato il 16 settembre con una decisione passata all’unanimità nel Consiglio dei ministri. Solo Giorgia Meloni, all’opposizione con Fratelli d’Italia,

Luca Zaia e Matteo Salvini

contesta il decreto. Matteo Salvini movimentista ha fatto marcia indietro dal secco no di qualche tempo fa. Il segretario della Lega ancora il 10 settembre era categorico sul Green pass: «Non è possibile imporlo a tutti i lavoratori». Dopo l’approvazione del decreto invece ha detto sì. Anzi ha rilanciato: dopo l’obbligatorietà decisa per i lavoratori adesso «il Green pass va esteso a parlamentari e consiglieri regionali». Sarebbe un bel problema per chi rifiuta il vaccino come il senatore Gianluigi Paragone, ex leghista ed ex grillino.

Salvini ha ceduto alla sollevazione dell’ala governativa del Carroccio, molto attenta alle attese dei cittadini e del mondo della produzione. Il ministro Giorgetti e i governatori Zaia, Fontana, Fedriga (rispettivamente presidenti della regione Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia) si sono messi di traverso, spingendo per il Green pass obbligatorio.

La partita, però, non è chiusa. Tra i deputati e i senatori della Lega permane una contestazione dei “duri” contrari al Green pass e ai vaccini. Altre piccole contestazioni ci sono tra i parlamentari ex cinquestelle. Il vero problema è il dissenso nel Carroccio. Mercoledì 22 settembre la Camera ha approvato il decreto a larghissima maggioranza ma la metà dei deputati leghisti non ha partecipato al voto. Il governo di unità nazionale ha una maggioranza molto ampia ma la frattura nella Lega potrebbe aprire dei problemi. Ora la parola passerà al Senato.