Domenica prossima molti romani andranno a votare per il ballottaggio sul nuovo sindaco camminando – come al solito – tra rifiuti che traboccano dai cassonetti e “adornano” i cigli di strade e marciapiedi. È la maleodorante eredità della giunta guidata per cinque anni e mezzo da Virginia Raggi. La dimostrazione più evidente del fallimento dei Cinquestelle in Campidoglio.
Immondizia, trasporti e decoro urbano, sono anche le tre grandi emergenze con cui adesso dovrà misurarsi il successore della Raggi, per far tornare alla normalità una capitale ridotta in condizioni inimmaginabili per chi ci vive.
Eppure, durante tutta la campagna elettorale per il primo turno, centrodestra e centrosinistra hanno parlato pochissimo dei loro programmi e delle proposte per affrontare i problemi della città. Preferendo, di solito, una propaganda a colpi di slogan, frutto di astratte identità ideologiche lontanissime da una cosa che invece è molto concreta: il governo di una capitale in pieno degrado.
Purtroppo la scena si ripete anche a poche ore dal voto finale, dal ballottaggio tra Michetti e Gualtieri. Anzi, adesso, complice l’assalto squadrista alla CGL, il confronto ideologico fra centrosinistra e centrodestra prevale su tutto. Il Pd ha chiesto lo scioglimento di Forza nuova per ricostituzione del Partito fascista. Da qui all’accusa lanciata dal vicesegretario dem Provenzano alla segretaria di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni di essere “fuori dall’arco democratico” il passo è stato breve. E brevissimo è stato quello che ha portato all’attacco contro Michetti, definito “filo hitleriano”. Naturalmente il tribuno indicato dalla Meloni per il Campidoglio ci ha messo anche del suo. Basti per tutte l’ultima, incredibile gaffe sugli ebrei, che non avrebbero ottenuto «tanta pietà per la Shoah se non avessero posseduto le banche».
Ed eccoci al nodo: il centrosinistra ha sempre battuto il chiodo dell’ideologia “fascista” di Michetti senza affrontare seriamente la grande questione della sua palese inadeguatezza al ruolo di sindaco di Roma. Vista l’incapacità di affrontare un qualsiasi dibattito con argomenti invece che con slogan e battute, e vista l’assenza di uno straccio di programma. Tanto per dare un esempio, sulla “monnezza” si è limitato a dire che nominerebbe Bertolaso commissario. Punto.
E così adesso a Roma si va al ballottaggio cavalcando l’emozione dell’assalto squadrista alla Cgil,
senza una parola sui problemi concreti della capitale, e quindi imboccando, ancora una volta la scorciatoia dello scontro politico-ideologico. Con la Meloni che va a difendersi in Parlamento, con un duro attacco alla ministra dell’Interno Lamorgese in cui adombra una non meglio precisata “strategia della tensione” per delegittimare la destra. Intanto il centrosinistra si prepara, compatto, a mettersi in fila per la “manifestazione antifascista” della Cgil fissata a 24 ore dai ballottaggi, proprio nel giorno del silenzio elettorale.
Come ha scritto (benissimo) Valter Vecellio su ‘Sfoglia Roma’: «Giusta la condanna; bello cantare insieme “Bella ciao”; ma c’è molto altro da fare, e da subito…».