Dio stramaledica i nordirlandesi!!! Calcisticamente parlando, s’intende. Loro, sempre loro. Sessantaquattro anni fa (gennaio 1958) ci rifilarono due gol negandoci l’accesso ai Mondiali in Svezia. Lunedì sera, barricandosi in difesa con il coltello tra i denti, ci costringono al pareggio e rimandano a marzo i nostri sogni di gloria. Gioco lento, macchinoso, prevedibile. Sterile. Calciatori stanchi, fiacchi, molli. Irriconoscibili.
Che fine ha fatto la Nazionale di Roberto Mancini? Dove sono i Campioni d’Europa?
Sogno di una notte di mezz’estate… Anzi di “notti magiche” di mezz’estate. Un sogno lungo un mese, liberatorio, collettivo, ad occhi aperti che ha coinvolto l’Italia intera, l’ha riportata nelle piazze e le ha regalato dopo oltre cinquant’anni, la sospirata Coppa Europa. Da un sogno così bello avremmo preferito non svegliarci. Sì perché il risveglio è stato brusco, troppo brusco. E questo non ce lo aspettavamo. I protagonisti di quel sogno, l’avrete capito, altro non sono che gli Azzurri di Roberto Mancini, uno squadrone formidabile capace di battere, in due anni e mezzo, tutti i record di imbattibilità e di vittorie consecutive. Uno schiacciasassi che ha asfaltato tutte le polemiche, i problemi, i dubbi e le numerosissime carenze del calcio nostrano.
È vero, già durante l’Europeo la nostra Nazionale aveva evidenziato lacune in particolare nel reparto offensivo. Certo, anche la sorte è venuta spesso in nostro aiuto (semifinale contro la Spagna) così come il temutissimo Var (ottavi di finale contro l’Austria).
C’è però un altro fatto altrettanto sacrosanto. In tutte le partite del torneo abbiamo imposto il nostro gioco: tambureggiante, corale, divertente, letale. In poche parole, vincente. E allora è mai possibile che i nostri atletici principi azzurri dopo tre mesi si sono, già, trasformati in rospi?
Svizzera-Italia 0 a 0
Bulgaria-Italia 1 a 1
Italia-Lituania 5 a 0
Italia-Svizzera 1 a 1
Irlanda del Nord-Italia 0 a 0
Cinque partite, quattro pareggi e una sola vittoria (contro una squadra di semiprofessionisti lituani) nelle gare di qualificazione per Qatar 2022 che danno un responso certo quanto impietoso: secondo posto.
Se vogliamo andare ai Mondiali dovremmo passare dagli spareggi di marzo ma attenzione: rispetto al 2018 la formula è completamente cambiata. Non ci basterà più battere una squadra di secondo livello in un doppio confronto (andata e ritorno), il prossimo anno ci attenderà un mini torneo: 3 gironi di quattro squadre, due partite secche, una in casa e l’altra in campo neutro. Da vincerle entrambe, altrimenti siamo fuori.
Queste le nostre antagoniste: Portogallo, Svezia, Polonia, Austria, Galles, Macedonia del Nord, Repubblica Ceca, Russia, Ucraina, Scozia, Turchia. Di dodici selezioni strapperanno il visto per Doha solo in tre. Dietro l’angolo stanno affilando le armi gli attaccanti più iconici dell’era moderna: CR7, Ibra e Lewandowski.
Come si dice in questi casi: rispettiamo tutti ma non temiamo nessuno. La posta in gioco è troppo alta. La mancata partecipazione ai Mondiali, in termini commerciali, costerebbe una fortuna: dai 100 ai 150 milioni di euro. È bene ricordare che questi introiti non finanziano solo il calcio ma l’intero sport italiano, perderli sarebbe una vera e propria catastrofe.
E allora la domanda da farsi è allo stesso tempo banale e complessa: cosa cambierà da oggi al 26 marzo, data della prima partita dei mini gironi? Più che gli undici in campo (al momento solo Chiellini appare insostituibile) il nostro augurio è che, anzitutto, migliori la condizione fisica degli Azzurri.
Si perché dispiace dirlo ma questa Nazionale non ha fuoriclasse assoluti né fenomeni come Baggio, Totti, Del Piero o andando più indietro nel tempo come Paolo Rossi, Riva o Rivera né giocatori in grado di inventare dal nulla quella giocata geniale che in mezzo secondo può farti vincere una partita. Insigne, Chiesa, Immobile, Barella non avranno mai quella caratura internazionale.
E allora scordiamoci la Nazionale jazzistica del grande Enzo Bearzot con cui conquistammo un memorabile Mundial o l’orchestra sinfonica dei tre tenori del 2006 (Totti, Del Piero, Pirlo) con cui diventammo Campioni del mondo per la quarta volta. Lo spartito è cambiato e con essa anche la musica e i suoi interpreti. E questo Roberto Mancini lo ha capito bene, fin da subito. Negli Anni 80 si utilizzava il termine “squadra operaia” per descrivere quelle formazioni che facevano della grinta, della cattiveria agonistica, dell’organizzazione di gioco i propri punti di forza. Ecco, esattamente quegli stessi elementi che, in estate, hanno alimentato lo spirito della nostra Nazionale ad Euro 2020 e che ora sembrano, incredibilmente, smarriti.
Siamo entrati a Wembley con calce e cazzuola ed il vestito da lavoro e ne siamo usciti con lo smoking delle grandi occasioni, una Coppa luccicante di un metro e mezzo e l’Europa ai nostri piedi.
Un tempo si sarebbe detto: “La classe operaia va in Paradiso”. Questo maledetto senso di appagamento, non possiamo proprio permettercelo. Il calcio moderno va troppo veloce, non si ferma mai, non ammette pause.
È strano a dirlo ma il passaggio da trionfo europeo a fallimento mondiale sarà decretato, in soli 180 minuti. Il 26 novembre conosceremo le nostre avversarie. Manchiamo alla Coppa del Mondo da ben otto anni, l’ultima volta abbiamo assistito alla vittoria dei cugini francesi in una finale noiosissima contro una volenterosa Croazia.
Il nuovo Rinascimento italiano quello fortemente auspicato e messo in campo dal presidente federale Gabriele Gravina non può fermarsi in Inghilterra deve proseguire fino ai Paesi Arabi. Lo chiedono le nostre coronarie, le nostre corde vocali, la nostra storia. Siamo l’Italia: vogliamo che a essere “it’s coming home” non sia soltanto la Coppa Europa.
No, questa volta non ci accontentiamo.
Vogliamo e pretendiamo che sia la World Cup!!!