Ma «Dibba che fa?». La domanda gira da mesi fra tanti ex militanti di Cinquestelle che sperano in Alessandro Di Battista. Nella sua discesa in campo alla testa di una Rifondazione grillina, formazione politica che dovrebbe segnare il ritorno alle origini del Movimento fondato da Gianroberto Casaleggio.
Della cosa si vocifera molto da quando la maggioranza governista, incarnata dal “traditore Di Maio”, si è presa il Movimento ed è entrata nella maggioranza che sostiene Draghi a Palazzo Chigi.
Già, ma «Dibba che fa?». Per il momento ha deciso di concedersi un altro tour. Un giro d’Italia di “controinformazione e di politica” che è partito a fine ottobre da Siena, la città del “disastro Mps”.
Chiaramente è un modo per testare il livello di indignazione della base e capire se ci sono le condizioni per una chiamata alle armi sotto la bandiera dell’agognata “Rifondazione” da contrapporre alla versione moderata di Cinquestelle che sta al governo e in Parlamento.
La scelta del tour non è comunque una novità per Di Battista. A giugno del 2018, da ex deputato, partì alla volta dell’America «per scrivere reportage sulla periferia del mondo». E così se ne andò in giro per la California, poi il Messico e il Guatemala, dove festeggiò i 40 anni.
Adesso che di anni ne ha 43, e in vista di un probabile ritorno in politica, dopo la decisione di non candidarsi nel 2018 per un secondo mandato parlamentare, il tour lo fa in Italia. Non per scrivere reportage, ma per parlare a Cinquestelle delusi, a cui si si presenta con lo slogan “Su la testa”. Lessico e categorie ricordano la prima stagione grillina: popolo contro le élite, poveri contro establishment, e via di questo passo. Con Draghi come bersaglio fisso, infilzato spesso insieme agli ex compagni del M5S che hanno “indossato la pochette” e portato SuperMario a Palazzo Chigi.
Ma se un giornalista gli fa la domanda secca: «Lei si presenterà alle prossime elezioni?», Dibba, risponde ancora oggi in maniera sibillina: «Mi interessano le battaglie, non il posto in Parlamento». Già, perché il ritorno alla politica attiva non è ancora deciso al cento per cento e il “Che Guevara di Roma Nord” continua a sfogliare la margherita con l’eterno: “Mi butto o non mi butto?”