La storia di un’ambizione, una quasi arroganza: questo è In tela d’imperatore di Mino Lorusso (Oltre edizioni, pagg.170, 16 euro). È la storia di una incessante, assillante ricerca: quella della verità. Il solo fatto di volerla cercare non è una ambizione spesso destinata a mutarsi in velleità arrogante, presuntuosa?
Lorusso, che non è per nulla arrogante o presuntuoso, decide di giocarla comunque la scommessa, con questa storia: ambienta il suo racconto nell’Umbria magica e mistica del ‘700; ma anche ai giorni nostri. Protagonisti sono personaggi realmente esistiti, anche se nel racconto appaiono trasfigurati, plasmati secondo il gusto e l’esigenza narrativa dell’autore. Tre mistiche “sconvolgono la vita” del loro padre confessore, un gesuita incaricato dal Papa di vigilare su loro caso. In parallelo, ma trecento anni dopo, uno storico dell’arte scopre, abbandonato nei sotterranei di una chiesa, un logoro stendardo processionale: raffigura un miracolo accaduto 250 anni prima; meglio fermarsi, per non rovinare la sorpresa e l’arcano.
L’artificio di Lorusso è collegare il gesuita e lo storico; nonostante la secolare distanza, hanno un obiettivo in comune: la ricerca della verità: «Dobbiamo sgombrare la mente dalle false nozioni, se vogliamo aprire la strada alla conoscenza. Conoscenza equivale a verità. È la nostra mente a trarci in inganno: con pregiudizi, superstizioni, falsi idoli…I fatti parlano soltanto, se li sappiamo interrogare», dice a un certo punto il padre Crivelli (il gesuita), a colloquio con il monsignore. Facile, in apparenza lineare: solo che la conoscenza è qualcosa di infinito e sfuggente, un continuo divenire che procede in modo carsico e tortuoso; spesso imperscrutabile. La verità è un approdo che non sai mai se e come raggiungere, spesso un miraggio. Soprattutto è nemica delle certezze: le sicurezze, le
incrollabili fedi, come annota sempre il saggio gesuita, invece di condurre in pretesi e agognati paradisi, finiscono con il condurre all’inferno. Per dirla con Lorusso: «Una ‘verità sfuggente’ che li costringe a confrontarsi con se stessi, con il mistero della vita e il desiderio d’infinito».
Lorusso, che finora s’era mostrato come attento giornalista televisivo e saggista sagace e meticoloso, con In tela d’imperatore rivela pregevoli doti di narratore: sa miscelare con abilità e astuzia materie non facili da maneggiare, spazia con risultati apprezzabili e godibili, tra storia, filosofia, disquisizioni artistiche. Sa come rendere “leggera” la sua pagina: che ha il sapore di un racconto orale, quando affabulatori esperti con perizia intrattengono, divertono e stimolano chi ascolta. Avrebbe dovuto approfittarne e raccontare al lettore la genesi di questo suo racconto: di sicuro è una storia nella storia. Lo stesso titolo ha una sua ragion d’essere: ma questa sia il lettore a cercarla e trovarla. È parte del “gioco” di ricerca della verità.