“Appoggio esterno”. Quando un partito non condivide pienamente il programma di un governo, esiste una precisa formula parlamentare per garantire la vita di un esecutivo: l’“appoggio esterno”. Il partito in questione non ha suoi ministri nel governo ma fa parte della maggioranza.
Maurizio Landini è in una situazione analoga di “appoggio esterno”: ha una grande stima di Mario Draghi ma non del suo esecutivo di grande coalizione. La conseguenza è singolare. Il segretario della Cgil il 16 dicembre ha proclamato uno sciopero generale contro il governo Draghi assieme a Pierpaolo Bombardieri, segretario della Uil.
Il dissenso è un po’ su tutta la manovra economica dell’esecutivo ma, in particolare, sulla riforma fiscale. Landini ha spiegato: Draghi aveva cercato un punto d’incontro proponendo di escludere per un anno dai benefici del taglio dell’Irpef i redditi oltre i 75 mila euro ma «è stato brutalmente messo in minoranza» dai partiti della maggioranza.
Il segretario della Cgil ha esposto nel comizio di piazza del Popolo a Roma i motivi dello sciopero generale realizzato con la Uil ma senza la Cisl: «Siamo qui per dare voce al disagio sociale…Quello che divide il Paese non è lo sciopero generale ma l’evasione fiscale, la precarietà del lavoro, l’ingiustizia verso le classi più disagiate».
Le motivazioni dell’agitazione somigliano molto a un programma di governo. Le ragioni dello sciopero sono fortemente politiche, qualcuno ha accusato Landini di voler fondare un partito. Il segretario della Cgil ha smentito di voler costruire un nuovo partito ma ha ammesso l’impostazione politica dello sciopero con due argomentazioni: 1) «C’è una crisi della politica in Italia» con un astensionismo dalle urne pericoloso e altissimo, attorno al 60%-70%; 2) «Il sindacato confederale in Italia ha sempre svolto nella sua autonomia un ruolo politico» perché non è una organizzazione corporativa, di mestiere.
Draghi sembra aver trovato in Landini un “appoggio esterno” per i bracci di ferro con i partiti della maggioranza, soprattutto quelli di centro-destra. Tra il presidente del Consiglio e il segretario della Cgil da tempo i rapporti sono di stima reciproca. Non a caso Draghi, quando ad ottobre la direzione nazionale della Cgil è stata assaltata da un gruppo di no vax, è immediatamente andato da Landini per esprimere la sua piena solidarietà e ha condannato l’inaccettabile atto di violenza.
Se Draghi sembra aver trovato un “appoggio esterno” non è così per Enrico Letta. Il segretario del Pd, il maggiore partito di centro-sinistra al governo, deve fare i conti con la richiesta di dare delle risposte al «disagio sociale» enormemente aumentato con il Coronavirus. Romano Prodi nei mesi scorsi aveva sollecitato Letta ad occuparsi non solo dei pur importanti «diritti individuali» ma anche dei diritti sociali. Ovvero: lavoro stabile, precariato, sanità, scuola. Ora Landini, dopo Prodi, stringe in un angolo Letta proclamando: «Siamo qui per dare voce al disagio sociale».