La mostra alle Scuderie del Quirinale di Roma, “Inferno”, curata da Jean Clair e Laura Bossi, resterà aperta fino al 23 gennaio 2022. Inizialmente l’esibizione delle 232 opere, esposte dallo scorso 15 ottobre, era prevista fino al 9 gennaio, ma la data di apertura al pubblico è stata prorogata per il grande afflusso di pubblico. La mostra è infatti potente e visionaria, come il titolo del resto, che è evocativo e inquietante.
Di quale inferno si parla? Di quello dantesco in primis, la mostra è stata infatti ideata in occasione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. Si legge nell’introduzione del ministro della Cultura Dario Franceschini al magnifico catalogo: «Le Scuderie del Quirinale, come già avvenuto in occasione degli anniversari di Leonardo da Vinci nel 2019 e di Raffaello Sanzio nel 2020, suggella con “Inferno” l’insieme delle celebrazioni per i settecento anni dalla morte di Dante…il percorso espositivo trasforma il visitatore, accolto in apertura dal modello di fusione in gesso della “Porta dell’Inferno” di Auguste Rodin, in un moderno epigono dell’Alighieri, immergendolo in un viaggio di grande suggestione in cui oltre duecento tra opere antiche, moderne e contemporanee restituiscono i molti inferni della nostra esistenza terrena».
Al primo piano le rappresentazioni dell’immaginario infernale del Medioevo. Un fremito di inquietudine accompagna il visitatore che attonito osserva tutte le rappresentazioni del male che la fervida fantasia di pittori di ogni epoca hanno reso vive, attuali, sconvolgenti. Sandro Botticelli, Beato Angelico, Gustave Doré, Jan Brueghel, Anselm Kiefer, Francisco Goya, Hieronymus Bosch, solo per citarne alcuni. Sono decine gli artisti le cui opere sono convogliate dai musei di ogni parte del mondo. Ma quello che la mostra racconta non è solo l’immaginario terrificante di una realtà ultraterrena riservata ai dannati, ma è la vita stessa dell’uomo e la Storia che scorrono davanti ai nostri occhi sgomenti.
È proprio come il viaggio di Dante quello che idealmente il visitatore percorre fino alla fine dell’esposizione. Ed è al piano superiore che tutto il male del mondo che l’umanità ha reso possibile trasforma l’ansia in angoscia. In un crescendo sempre più inquietante ecco dunque le opere sull’inferno in terra, sull’inferno che l’uomo stesso ha reso possibile e ha addirittura creato. Guerre, totalitarismi, sterminio, genocidio, persecuzioni, e poi l’inferno della malattia mentale, la follia nei manicomi e nei sanatori. E poi ancora lo sfruttamento del lavoro umano, l’alienazione che trasforma gli uomini in schiavi, le catastrofi ambientali.
Tetre ciminiere si stagliano su cieli plumbei, enormi acciaierie che sembrano luoghi di tortura, baracche ammassate intorno a metropoli disperate, prigioni. Ecco allora le opere di Piranesi, Anders Montan, Pierre Paulus. Immagini di morte e sofferenza e un vero e proprio viaggio nella psiche umana in tutte le sue perversioni, le nostre perversioni.
«Ma mentre per Dante l’Inferno è il viaggio che in risposta a un ‘alto fattore’ di giustizia lo conduce al disegno finale della Provvidenza, non vi è salvezza negli inferni del Novecento, dove il nichilismo realizza se stesso» scrive Mario de Simoni presidente delle Scuderie.
L’inferno sulla terra si materializza e trova il suo apice nei campi di sterminio nazisti. Ecco allora esposte l’originale della bozza del libro di Primo Levi, “Se questo è un uomo” e alcune pagine dattiloscritte con le correzioni autografe dello stesso autore, o le immagini sconvolgenti del “Piccolo campo a Buchenwald” dell’artista Boris Taslitzky che afferma di esserci già stato all’inferno. Non è certo una mostra rassicurante questa, che sgomenta il visitatore fino alla fine, davanti alla rappresentazione del male assoluto di Franz von Stuck, l’immagine inquietante scelta per pubblicizzarla.
Due ore intense all’interno delle Scuderie, immagini che rimangono nella mente a lungo, che inducono a riflettere sul nostro attuale inferno: i bambini in fuga bloccati dai fili spinati; poveri disperati in cerca di salvezza che annegano in mare; la pandemia che sconvolge l’intero mondo; gran parte dell’umanità privata del diritto di accedere ai vaccini; i brevetti che non vengono liberalizzati; la casa comune in fiamme. E tra i brani a commento delle opere esposte ce ne è uno di Italo Calvino che colpisce: «L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio». (Le città invisibili).
Ma proprio come Dante, arrivati alla fine di un percorso disperato e oppressi da un turbamento profondo, si può intraprendere il percorso della risalita “a riveder le stelle”. Ecco dunque, nell’ultima sala, i meravigliosi cieli stellati di due pittori contemporanei, Anselm Kiefer e Gerhard Richter, a mitigare l’inquietudine che accompagna i visitatori. C’è male sulla terra ma c’è bellezza, mistero e spiritualità nel cosmo.