Guadagni favolosi e tragiche bancarotte. C’è chi si è arricchito con i Bitcoin e chi si è rovinato. Perfino al vostro cronista arrivò alcuni mesi fa una strana telefonata da una voce sconosciuta: «Conosce i Bitcoin? Conosce le criptovalute? Può investire e guadagnare molto…».
Il vostro cronista, scettico verso i guadagni facili e sospettoso verso tutto ciò che è poco chiaro, rifiutò gentilmente l’offerta. I misteri da chiarire sono tanti, ci sono molti buchi neri. Già l’origine è piuttosto oscura. Il sito Internet della Borsa Italiana parla dell’origine inquietante: «Il Bitcoin è una moneta virtuale creata nel 2009 da uno o più hacker con lo pseudonimo Satoshi Nakamoto».
I Bitcoin non sono una valuta emessa e garantita da una banca centrale (come il dollaro, l’euro, la sterlina, lo yuan), ma sono addirittura l’invenzione di un hacker, cioè un anonimo pirata informatico. Forse proprio per questa origine molti hacker chiedono un riscatto in Bitcoin (non solo in dollari) per sbloccare le piattaforme digitali paralizzate di grandi aziende, enti, ministeri, ospedali. Purtroppo anche la nostra pubblicazione digitale www.sfogliaroma.it ha subito pesanti attacchi da parte degli hacker.
Comunque il mercato dei Bitcoin e delle altre cripto valute tipo Ethereum e Dogecoin è stato finora in grandissima espansione, c’è anche chi scommette su un ulteriore sviluppo nonostante i tanti problemi aperti (la cripto valuta Lucky Block esordirà a febbraio e già sono iniziate le prenotazioni).
C’è da fare i conti con i vantaggi, tuttavia i rischi sono altissimi. I Bitcoin, dopo paurosi alti e bassi, sono crollati a circa 40.000 dollari dagli oltre 68.000 dello scorso novembre. A contribuire all’inabissamento delle quotazioni sono state due notizie: l’annuncio dell’aumento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti e, soprattutto, le sanguinose rivolte popolari in Kazakistan.
Già, perché in Kazakistan dall’anno scorso si sono installate circa 90.000 aziende che producono Bitcoin. Hanno traslocato dalla Cina perché Xi Jinping ha messo una stretta all’utilizzo delle cripto valute (le banche del paese del Dragone non possono più trattare questa divisa virtuale). Sono emigrate anche perché nella repubblica ex sovietica dell’Asia centrale carbone, gas e petrolio avevano prezzi molto bassi. Difatti l’”estrazione” dei Bitcoin consuma un volume altissimo di energia elettrica (per i complicatissimi algoritmi usati per i calcoli servono una moltitudine di potenti computer collocati in vastissimi hangar).
Ma all’inizio di gennaio c’è stato il patatrac. L’aumento dei consumi energetici ha causato l’esplosione dei prezzi e numerosi black out nelle forniture della corrente elettrica. È scoppiata la rivolta della popolazione repressa nel sangue dal governo kazako, sostenuto militarmente dalla Russia.
El Salvador crede nelle cripto valute. Lo Stato centroamericano il 7 settembre 2021 è stato il primo paese al mondo a dare via libera ai Bitcoin come moneta con corso legale assieme al dollaro.
Le grandi imprese hanno usato largamente i Bitcoin, ma ultimamente sono scattati molti ripensamenti. Elon Musk non usa più la moneta virtuale per motivi ambientali. L’amministratore delegato della Tesla è preoccupato «per il rapido aumento dei combustibili fossili per l’estrazione e le transazioni in Bitcoin, in particolare il carbone». Secondo uno degli uomini più ricchi del mondo l’affermazione dei Bitcoin non può realizzarsi al prezzo di «un grande costo ambientale».
Sulle cripto valute pesano troppi problemi: gli alti costi energetici e di inquinamento dell’ambiente, l’insufficiente sicurezza nelle transazioni e nei depositi elettronici, gli spazi lasciati a stratosferiche speculazioni finanziarie, la singolare emissione di una valuta da parte di privati, le possibili incursioni della criminalità organizzata. Sarà un caso ma le banche centrali statunitense, europea e cinese si stanno attrezzando per emettere anche dollari, euro e yuan in versione digitale.