La rotta marittima percorsa da Enea e dal suo gruppo di profughi nel loro viaggio in cerca di una nuova patria, che doveva portarli da Troia (Hissarlik, Turchia) alle coste del Lazio, e creare le premesse per la fondazione di Roma (753 a.C.), è diventato un itinerario culturale, certificato dal Consiglio d’Europa (lo stesso era avvenuto in precedenza, dal 1987 in poi, per altri 45 itinerari culturali, tra cui il Cammino di Santiago).
L’itinerario si snoda attraverso cinque paesi, 21 tappe, 6 siti Unesco (tra cui Troia, Delo, Butrinto e Cartagine), tre parchi nazionali e cinque regioni d’Italia. Il suo riconoscimento politico è teso a rafforzare la comune identità europea, a sottolineare che la mescolanza delle diversità genera arricchimento, e la cooperazione tra Unione Europea e Turchia. Si parla di tutto questo nell’articolo di Ilaria Zaffino su la Repubblica del 25 gennaio 2022.
Ma un’altra notizia su Enea è rimbalzata in questi giorni sulla stampa quotidiana. Riguarda Castro, una località del Salento in Puglia. Biagio Valerio, in un articolo pubblicato in la Repubblica, Bari, il 21 gennaio 2022, riporta che gli archeologi stanno indagando a Castro un sito che corrisponde in pieno alla descrizione che il poeta latino Virgilio fa del primo approdo di Enea e del suo gruppo in Italia: quello di un porto dominato da un alto promontorio che ha in cima un maestoso tempio di Minerva.
Prendiamo spunto da queste notizie per ricordare la vicenda di Enea e mettere in rilievo da un lato come il mito di questo personaggio s’intrecci con la leggenda delle origini di Roma, e dall’altro come Enea possa essere considerato come l’anello di collegamento tra un mondo che finisce — quello della Grecia micenea (Età del Bronzo) — e l’alba di un nuovo mondo che porterà impresso il marchio indelebile di Roma. In quest’ottica, Enea e i suoi compagni appaiono perciò come il veicolo attraverso il quale la Civiltà si trasferisce dalla regione egea al Lazio, da Troia a Roma.
Chiunque abbia studiato a scuola i poemi omerici — “Iliade” e “Odissea” — sa della guerra che sarebbe stata combattuta tra i Troiani e una coalizione di principati micenei della Grecia peninsulare. A quei tempi (intorno al 1200), Troia — una città-stato situata nell’angolo nord-occidentale dell’Anatolia (Turchia) — era la capitale di un regno il cui sovrano era Priamo, discendente di Dardano e figlio, erede e successore di Laomedonte, che era stato vittima della furia di Ercole.
Secondo i mitografi greci, Priamo, quando era un bel giovane, sarebbe stato sedotto da Afrodite, la dea dell’amore dei Greci, colei che i Romani avrebbero poi chiamato Venere. La dea lo ha scorto mentre portava le bestie al pascolo e se n’é innamorata. Per presentarsi a lui ed esserne amata, ha simulato d’essere figlia di Otre, re di Frigia, e d’essere stata rapita dal dio Ermes, messaggero degli dèi, da cui era stata trasportata sulle pendici dell’Ida. Anchise si è congiunto carnalmente con lei tra il verde dei boschi dell’Ida Troadico, e da quell’unione sono nati due gemelli: l’oscuro Lirno e Enea il Dardano.
Si chiama Ida il massiccio montuoso che separa la Troade (nome antico della regione di Troia), dal suo entroterra, l’antica Misia (da non confondere con un altro celebre Ida, quello Cretese, oggi chiamato Psiloritis).
La mitologia greca ambienta in quel luogo anche un altro episodio, quello di Alessandro-Paride, figlio di Priamo e della sua consorte, regina Ecuba. Alla nascita di Paride, Priamo ha rifiutato di riconoscerlo come figlio, poichè gli era stato profetizzato che avrebbe causato la rovina di Troia. Paride è stato esposto sull’Ida, ma è stato raccolto da una coppia di pastori, che lo ha allevato. Con il passar del tempo, Paride è divenuto un giovane bello e forte. Un po’ ingenuo, se vogliamo. Scelto come arbitro dalle dee Afrodite, Hera e Atena, che si contendevano il primato di chi delle tre fosse la più bella, ha scelto Afrodite, che gli aveva promesso, se prescelta, l’amore di una donna bellissima: Elena, la consorte di Menelao, re di Sparta, una città-stato del Peloponneso. Il giudizio ha scontentato Hera, che ha giurato odio eterno nei confronti di Paride e di tutti i Troiani.
Hera si vendica di Paride, quando questi è ospite alla reggia di Menelao, in assenza del padrone di casa, che è in viaggio a Creta. Lo induce a sedurre l’avvenente Elena, che si abbandona tra le sue braccia; e la porta via con sé. Menelao è fratello minore di Agamennone, re di Argo, un’altra città-stato del Peloponneso. I due non tollerano l’affronto di Paride, che a loro dire non colpisce solo la casa di Menelao, ma tutta la sua famiglia e tutti gli Achei (Micenei).
Agamennone, per vendicare l’onore di Menelao e riportare Elena in patria, raccoglie una numerosa schiera di regni micenei e, una volta che sono risultati vani i tentativi della diplomazia di evitare la guerra, la conduce all’attacco di Troia. Hera non rimane imparziale, ma si schiera contro Troia. Afrodite fa l’opposto, si schiera a favore di Troia. La Guerra di Troia viene introdotta dall’invasione della Troade da parte di un’armata che viaggia a bordo di mille navi. Il conflitto si conclude dopo un assedio di dieci anni, grazie all’inganno del Cavallo, che permette a un manipolo di guerrieri di penetrare in città e di aprirne le porte, attraverso le quali irromperà il grosso degli assedianti. Troia perisce tra le fiamme, con immensa strage; ma il conflitto di cui è stata vittima rimarrà celebre, perché la sua fama sarà amplificata dagli aedi e dai poeti epici greci.
In effetti, i poemi omerici e gli altri poemi del Ciclo Troiano narrano lo scorcio della Guerra di Troia e le traversie subite successivamente dagli eroi vittoriosi, reduci dal conflitto: Odisseo (che i Romani chiameranno Ulisse), Agamennone, Aiace, Achille, ecc. Tra gli eroi troiani, si segnalano Ettore ed Enea. Il primo è il figlio maggiore di Priamo, designato a succedergli. È stato ucciso da Achille durante l’assedio. Il secondo, come abbiamo detto, è figlio di Anchise. E Anchise è cugino di Priamo.
Quando è ormai evidente che la città è persa, Enea si pone alla testa di un gruppo di profughi, di cui fanno parte anche suo padre e il suo figlietto Iulo, o Ascanio, per portarlo in salvo. Creusa, moglie di Enea, si è perduta nel caos della fuga. Enea torna sui suoi passi per cercarla ed ella gli appare come un fantasma tra il fumo e le fiamme dell’incendio che sta divorando la città. Creusa predice a Enea che avrà un futuro in Occidente, in una terra chiamata Hesperìa, e darà vita a una progenie che dominerà il mondo.
La dea Cibele, venerata sull’Ida Troadico con il nome di Gran Madre Idea, prima ospita Enea e il suo gruppo, poi li protegge nella loro ricerca d’una nuova patria. Il viaggio dei profughi troiani avviene per mare ed è scandito da molte soste. Uno degli scali è Cartagine, la potente città-stato fenicia sulla riva africana dello Stretto di Sicilia. Didone, regina del luogo, s’innamora perdutamente di Enea e quando l’eroe riprende il viaggio assieme ai suoi si getta nel fuoco, per il dolore e la disperazione di non essere riuscita a trattenerlo. Il viaggio si conclude alla foce del Tevere, sulla costa del Lazio.
Il Lazio è abitato da popolazioni diverse: Latini, Sabini, Etruschi. I Latini sono suddivisi in trenta tribù, federate fra loro, e abitano in villaggi fortificati sparsi nei boschi. I nuovi venuti vengono ospitati dal capo di una di quelle tribù, che si chiama Latino e vive a Laurentum. Quando, in seguito, Latino concede a Enea la mano della propria figlia Lavinia, già promessa in sposa a Turno, re dei Rùtuli, quest’ultimo mette mano alla spada. Scoppia così una guerra locale. Latino cade in combattimento e Laurentum viene distrutta. I profughi di Laurentum e i Troiani daranno vita a Lavinium, un villaggio situato sulla costa laziale, poco a sud della foce del Tevere.
Enea rimane re di Lavinium fino a quando non scompare misteriosamente durante un temporale. Il suo successore è suo figlio Iulo/Ascanio. Iulo regna a Lavinium fino a quando non abdica a favore di Silvio, suo fratellastro (Silvio è figlio di Enea e Lavinia; è un figlio postumo, cioè partorito dopo la morte di suo padre). Egli fonda Alba Longa (Colli Albani, area dei Castelli Romani — Castel Gandolfo?) e ne diviene re. Alla sua morte, lo scettro passa a suo figlio, e poi al figlio di suo figlio, e così per quindici volte in un arco di quattrocento anni. Il tredicesimo re albano si chiama Proca, il quattordicesimo è il figlio di Proca: Numitore.
Numitore ha un fratello, Amulio, e una figlia, Rea Silvia. Amulio usurpa il trono di Numitore e costringe Rea Silvia a diventare una vergine vestale. Rea Silvia viene resa gravida dal dio Marte e partorisce due gemelli: Remo e Romolo. I gemelli ristabiliscono Numitore sul trono e ottengono in premio di potere gareggiare tra loro per conquistare il diritto di fondare una nuova città sul Tevere, all’altezza dell’Isola Tiberina, in territorio di Alba Longa. La gara viene vinta da Romolo, che fonderà Roma e sarà il suo primo re.
Il mito di Enea resisterà per molti secoli, durante i quali subirà numerose modificazioni e integrazioni, che avranno in comune il fatto che Enea è l’unico fra i grandi eroi della Guerra di Troia che abbia avuto un futuro. Nell’Età Augustea (27 a.C.-14 d.C.), diverrà l’oggetto di “L’Eneide”, un poema epico di Publio Virgilio Marone.
L’Eneide è perciò una variante del mito di Enea, seppure la più autorevole. La differenza fondamentale fra la variante virgiliana e le altre varianti è che Enea non viene visto in essa come colui che rifonda una nuova città di Troia sulle rovine della vecchia, ma come il discendente di Dardano, figlio di Corito, re dell’omonima città-stato dell’Etruria marittima (forse oggi da identificare con Tarquinia, nel Lazio), e come l’origine del processo che porterà alla fondazione di una città nella zona di origine della stirpe troadica — l’Italia centrale tirrenica —, destinata a diventare il fulcro di un impero millenario.