Con il 41,7 per cento dei voti e 117 deputati, i socialisti portoghesi hanno stravinto le politiche anticipate di domenica 30 gennaio.
Adesso il PS ha la maggioranza assoluta in Parlamento. Il PSD è secondo, ma distanziato al 27,8 per cento e con 41 deputati in meno. Terzo Chega, il partito della destra sovranista che schizza al 7,2 per cento e si prende 12 deputati. Il doppio dei comunisti (CDU) scesi al 4,5 per cento. Come il Bloco de Esquerda, che perde 4 parlamentari e quasi la metà dei suoi voti. Entrambi i partiti della sinistra parlamentare vengono superati anche da un’altra formazione della destra in ascesa, IL (Iniziativa Liberale) che porta a casa il 5 per cento e 8 deputati.
La maggioranza assoluta nell’Assemblea Legislativa, era l’obiettivo dichiarato di Antonio Costa, segretario del partito e premier uscente, che aveva puntato su nuove elezioni proprio per poter conquistare l’autosufficienza del suo governo e non dipendere più dai voti dei deputati comunisti e del Bloco de Esquerda.
C’è da aggiungere che il premier uscente l’agognata maggioranza assoluta l’aveva già mancata per poco alle politiche del 2019, quando 20 seggi in più non gli bastarono e lo costrinsero a costituire il suo secondo governo di minoranza. Un esecutivo che, però, a differenza del 2016, quando il patto con PCP e BE era stato regolato da un accordo scritto (la geringonça), questa volta avrebbe cercato di volta in volta i pochi voti necessari in Parlamento.
Si trattava di un azzardo, perché l’assenza di un’intesa avrebbe spinto la sinistra parlamentare ad alzare continuamente la posta. Infatti a ottobre 2021 PCP e, soprattutto, BE si oppongono alla proposta di bilancio previsionale dello Stato per il 2022, chiedendo al governo alcune modifiche “irrinunciabili”. Il braccio di ferro con il premier si conclude con la bocciatura del Bilancio in Parlamento.
Ma se è vero che le elezioni anticipate sono nate dal voto contrario dei deputati comunisti e del Bloco de Esquerda sui conti dello Stato, è altrettanto vero che Costa ha fatto poco o nulla per cercare un’intesa e – quindi – evitare la fine traumatica della legislatura e il ritorno alle urne.
Anzi, secondo più di un osservatore, il leader socialista avrebbe colto l’occasione del voto su Bilancio per indebolire la sinistra radicale, accusandola di irresponsabilità e addossandole la colpa delle elezioni anticipate “in tempi di pandemia”. Detto, fatto. Durante tutta la sua campagna elettorale Antonio Costa ha continuato a chiedere ai portoghesi la “maggioranza assoluta”, per poter governare in “tranquillità”, senza dover più dipendere dai voti parlamentari alla sinistra del suo partito.
Quasi un’ossessione, questa del premier, che ha spinto il PSD, la destra socialdemocratica guidata da Rui Rio, a scommettere a sua volta sulla sconfitta socialista. Sostenendo che Costa era «alla fine del suo ciclo politico», che puntare sulla maggioranza assoluta senza avere un piano B era un errore strategico che gli sarebbe costato caro nelle urne. Evidentemente convinto del suo “fiuto”, il presidente del PSD aveva perfino dichiarato in un’intervista di essere certo della fine politica di Costa e di augurarsi una sua «uscita di scena dignitosa».
E adesso? Visto che il segretario socialista si è preso la maggioranza assoluta mentre il Partito Socialdemocratico è finito a 13 punti di distanza e con tre parlamentari meno di quelli che aveva, toccherà invece proprio a Rui Rio lasciare la guida del PSD con «un’uscita di scena dignitosa».