L’impensabile è accaduto e può accadere in politica. La riscossa del centrismo e del sistema elettorale proporzionale sono dietro l’angolo. La rielezione di Mattarella a presidente della Repubblica ha messo in discussione vecchie alleanze, ha scomposto le coalizioni, ha diviso i partiti. Ha anche rivalutato il centrismo reso subalterno dal maggioritario con il bipolarismo, verso la sinistra o verso la destra.
Il caotico scontro sul Quirinale non solo ha bruciato una quindicina di nomi proposti, non solo ha dimostrato l’incapacità dei partiti di eleggere un personaggio di livello richiamando in pista Mattarella, ma ha anche fatto due vittime celebrate: il bipolarismo e il meccanismo elettorale maggioritario. La cosiddetta “religione del maggioritario” (decantata da Berlusconi, Prodi, Veltroni e D’Alema) scricchiola pericolosamente. Ha dominato la scena dalla nascita della Seconda Repubblica, dal 1994 la lotta per il governo si è basata sullo scontro bipolare tra centro-sinistra e centro-destra, ma adesso il proporzionale potrebbe riprendersi la rivincita.
Ora tutto può cambiare rapidamente. Dopo il taglio del numero dei parlamentari voluto fortemente dai grillini, c’è la necessità di approvare una nuova legge elettorale per poter andare a votare. A sorpresa rifà capolino il proporzionale.
Nel 2023 si potrebbe tornare a votare con il sistema proporzionale come nella Prima Repubblica. Anche nel Pd c’è una forte spinta ad approvare una nuova legge elettorale proporzionale. Peppe Provenzano è favorevole. Il vice segretario democratico in una intervista a Repubblica lancia un sasso in favore del proporzionale: «Personalmente ritengo che, avendo come obiettivo la ricostruzione dei partiti, il proporzionale con soglia alta (soglia di sbarramento n.d.r.) sia il modello migliore».
La riscossa del proporzionale marcia assieme a quella del centrismo. L’autonomia proclamata da Berlusconi, da Salvini e da Giorgia Meloni, dopo la rottura sul Quirinale, apre la porta a cento possibilità diverse. Forza Italia potrebbe sganciarsi dagli alleati del centro-destra in nome dei valori liberali ed europeisti del centrismo. Il renziano Gianfranco Librandi, intervistato da Spraynews, è convinto: adesso «il centro ha un grande futuro». Tutto è in movimento. Le prospettive dei centristi non sono male: tutti i sondaggi elettorali danno la galassia dei partiti centristi, di media e piccola stazza, attorno al 20% dei voti.
Tutti gli occhi sono puntati su Draghi, il grande favorito nella corsa per il Colle alla fine vinta all’ottavo scrutinio da Mattarella. Il presidente del Consiglio è uno stimato tecnico con una forte visione politica riformista, europeista e atlantica. In molti, come Letta nel Pd, Di Maio nel M5S, Giorgetti nella Lega non vogliono mandarlo in pensione. Mattarella lo apprezza e Berlusconi ne ha un’alta considerazione. La nebulosa dei piccoli partiti centristi, in testa Casini, segue con attenzione le mosse dell’ex presidente della Banca centrale europea e della Banca d’Italia.
In molti vedono un terremoto politico con l’arrivo di un partito di Draghi. Un navigato esponente centrista dà come probabile l’ipotesi: «C’è l’idea di dare vita a un partito di Draghi. Ma attenzione: lui ha una caratura mirata su incarichi istituzionali, non ha intenzione d’impantanarsi nella “cucina” di un partito. Si dovrà trovare un altro leader, competente ed autorevole, che si occupi dell’impostazione e dell’organizzazione del partito».
La Lega è guardinga. Il capogruppo al Senato Romeo è schieratissimo con Salvini: «Non esiste alcun progetto neo centrista proposto dalla Lega».