L’opinione pubblica assiste con crescente sgomento alla pressione militare dei Russi sull’Ucraina e all’inasprimento dei rapporti tra gli Stati Uniti d’America, la NATO e la Russia che ne consegue. Con ogni evidenza, il dispiegamento di forze che sta avendo luogo sul confine ucraino e negli stati-membri della NATO confinanti con l’Ucraina può scatenare una guerra di cui gli Europei sarebbero le prime vittime, a partire ovviamente dagli Ucraini.
Ma gli Europei non vogliono la guerra, sia per convinzione — la Costituzione della Repubblica italiana, per esempio, ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie —, sia perché non vi hanno interesse. Credono che sia scandaloso il solo pensare che si possa portare avanti le proprie ragioni con mezzi violenti e che entrambi le parti del braccio di ferro che si sta avendo sull’Ucraina siano perciò da condannare. Fermo restando la consapevolezza che, in ogni controversia, la ragione non sta mai da una parte sola.
I popoli dell’Europa Occidentale hanno fatto un lungo cammino, cadenzato da disastri, prima di arrivare a godere dell’attuale clima di pace e cooperazione con i loro vicini. Una delle basi dell’equilibrio raggiunto è il commercio estero: un’attività che, per fiorire e generare ricchezza e diffuso benessere, richiede condizioni di stabilità politica e di sicurezza. La situazione in Europa è delicata sotto questo aspetto e spetterebbe agli Europei di gestirla secondo le loro sensibilità e i loro interessi. Certamente, essi sarebbero in grado di farlo se fossero più coesi in un’Unione rafforzata da un bilancio, una politica estera e un esercito comune.
Va, inoltre, ricordato che la NATO è nata bensì per difendersi militarmente dall’Unione Sovietica, tuttavia, dopo la Caduta del Muro di Berlino, si è espansa nell’Europa Orientale, ponendo soldati e armi sofisticate sempre più vicino alla Russia. Attualmente, la NATO non è minacciata dalla Russia, mentre lo è l’Ucraina, in una situazione in cui è difficile distinguere il torto dalla ragione. Ma l’Ucraina non è un Paese della NATO. Ha chiesto di entrare a far parte di questa alleanza, ma non ha ricevuto risposta, segno che gli Europei della NATO non sono propensi ad accoglierla, in considerazione del rischio politico implicito. Fermo restando che i rapporti di questi Paesi con l’Ucraina sono ottimi sotto ogni aspetto, così come lo sono i loro rapporti con la Russia.
È comunemente noto tra gli analisti di geopolitica, e non da ora, che la Russia soffre di una sindrome da accerchiamento. Se è vero — come è vero — che questo è ben noto anche agli analisti e ai governanti americani, allora c’è da chiedersi se drammatizzare la situazione, parlare di guerra, dire che si è alla vigilia dello scoppio di un conflitto e mobilitare truppe per difendere i membri europei della NATO da un’inesistente aggressione russa non voglia dire creare le condizioni della profezia che si auto-avvera. Rispondere a questa domanda è cruciale per capire che cosa sta succedendo in Europa e perché la crisi ucraina può fare da detonatore a una situazione già di per sé esplosiva e precipitare il mondo nel baratro della Terza Guerra Mondiale.
I governanti di alcuni stati-membri della NATO stanno giocando una pericolosa partita sull’Ucraina. Non si sforzano di capire le ragioni della Russia, convinti che la ragione è dalla loro parte, per principio. Questo atteggiamento può portare a errori di valutazione e a conseguenze catastrofiche. Eppure basterebbe guardare la carta geografica per capire: l’Ucraina confina a est con la Russia ed è lo sbocco di questa al mare meridionale, quello attraverso il quale il grano russo viene esportato in Occidente. Va inoltre considerato che l’Ucraina è stata la culla ancestrale della civiltà russa, che è stata per molti anni uno Stato dell’Unione Sovietica, e che la sua popolazione è in parte filo-russa. È difficile per la Russia accettare che l’Ucraina divenga una base militare della NATO, con missili puntati contro di essa. La Russia ha già accettato che alcuni dei Paesi ex-satelliti dell’Est europeo, già facenti parte del Patto di Varsavia, passassero nel campo Occidentale, aderendo all’Unione Europea e alla NATO.
Non vuole andare al di là di questo. Non tenere conto di questo stop russo vorrebbe dire dimenticare che la politica è l’arte del possibile e rendere inevitabile la guerra. Sembra, invece, che alcuni governanti stiano giocando col fuoco e, quel che è peggio, che lo facciano più per ragioni di politica interna che di politica estera. Sembra che il vecchio Joe Biden stia cercando di risollevare la sua popolarità in picchiata, di rafforzarsi politicamente in vista della Campagna di Novembre — quando si terranno le Elezioni di Mezzo Termine e riprenderà lo scontro con un Trump in cerca di rivincita —, e di ricompattare un Paese sempre più diviso, agitando lo spettro di un comune nemico e facendo leva sullo spirito patriottico, e magari nazionalistico, del popolo americano. A sua volta, Boris Johnson, leader conservatore britannico, è in crisi di popolarità ed è impegnato a ottenere che i suoi concittadini si distraggano dal sospetto che se la sia spassata allegramente in violazione delle regole del lockdown. Insomma, sembra che Biden e Johnson stiano cercando di scaricare le tensioni interne lanciandosi in una spericolata avventura militare.
Fin qui il punto di vista prevalente degli Europei. Ma vediamo qual è il punto di vista dell’Americano medio. Il cittadino della strada pensa che Putin sia il solo a ritenere che l’espansione a est della NATO minacci la Russia, pur ritenendo che questa espansione è forse avvenuta un pò troppo presto ed è andata un pò troppo oltre. Inoltre, se gli stati-membri della NATO si sono uniti in questa alleanza è perché temevano un’aggressione sovietica. Da ultimo, l’Estonia, la Romania e altri Paesi dell’ex-Blocco Sovietico si sono associati alla NATO perché in cerca di protezione dalla Russia.
Nel calcolo, bisogna perciò tenere conto della minaccia russa, attuale o potenziale che sia. Tanto più che Vlad Putin ha ammassato truppe al confine ucraino in assenza di una minaccia della NATO alla Russia. Ciò che sta accadendo nell’Europa Orientale si spiegherebbe col fatto che Putin vuole “rendere di nuovo grande la Russia” e scommette sulla possibilità che ciò accada. Ha nostalgia dell’impero sovietico, vuole ricostruirlo su basi diverse e vuole esserne il vertice finché campa. Insomma, vuole riportare gli orologi al 1991, l’anno della caduta del Muro di Berlino.
Quel che è chiaro è che l’aggressore non è Biden. Questi vuole solo apparire agli occhi dei suoi connazionali come un presidente americano forte e risoluto. Secondo molti Americani, la verità è invece che Biden è un uomo debole e che il suo Paese è diviso come non lo è mai stato sotto Trump. È agevole prevedere che il sostegno politico e militare all’Ucraina non gli varrà molti punti. Gli Americani sanno poco dell’Ucraina, molti di loro non sanno nemmeno dove si trovi sulla carta geografica (in passato hanno avuto difficoltà a localizzare la Polonia, le Repubbliche baltiche e altri Paesi europei). “Dal canto suo – si sente spesso dire in America -, Putin ama essere al centro dell’attenzione, vuole che si dica di lui ‘guarda quanto è grande e forte!’, porta le ferite di un’ex superpotenza e le esibisce all’orgoglioso popolo russo; infliggerebbe una grande sofferenza all’Ucraina solo per dare una dimostrazione di forza”.
È tempo di concludere. È universale la speranza che si trovi una soluzione alla crisi ucraina che sia onorevole per tutti. L’Ucraina può restare una nazione indipendente senza diventare un avamposto militare occidentale e incutere così paura alla Russia. La Storia contemporanea offre vari esempi ai quali ci si potrebbe rifare. La Finlandia, all’epoca della “guerra fredda”, era uno Stato indipendente, ma non faceva parte dello schieramento occidentale. Era una nazione neutrale, “neutralizzata”. In una situazione analoga era venuta a trovarsi l’Austria dopo la Seconda Guerra Mondiale, sia pure per pochi anni. Una soluzione del problema può essere quella che gli Stati Uniti e l’Unione Europea assicurino la Russia che la NATO non si espanderà ulteriormente verso est per i prossimi 10 anni (poi si vedrà,) e che offrano a Putin una maggiore trasparenza riguardo ai sistemi d’arma e alle manovre militari nell’Europa Orientale. Se questa è la strada preferita, allora va percorsa presto e fino in fondo, con il sincero proposito di giungere a un accordo. Nella situazione in cui ci si trova attualmente al confine ucraino, basta un piccolo incidente per scatenare l’Apocalisse.