Il sindaco di Milano Beppe Sala ha appena riconfermato Gherardo Colombo, uno dei moschettieri di Mani Pulite alla guida di un organismo denominato “Comitato per la Legalità, la Trasparenza e l’Efficienza Amministrativa” (sic!). Denominazione enfatica e anche un poco ridicola. Come se un sindaco, un primo cittadino non dovesse già garantire la trasparenza e l’efficienza della sua macchina amministrativa. Non fosse altro che per la fiducia accordatagli dagli elettori e per il tacito contratto sottoscritto con i cittadini che lo hanno voluto.
Ma adesso anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha voluto il suo consulente per la legalità. Affidandosi a Francesco Greco, ex procuratore di Milano e – soprattutto – altro ex Pm di punta di Mani Pulite, il pool di magistrati che esattamente 30 anni fa diede il via alla stagione di Tangentopoli.
Qualche maligno potrebbe osservare che – intanto – Greco, dopo una vita trascorsa a Milano, a Roma si sentirà inevitabilmente un pesce fuor d’acqua. E poi che – piaccia o meno – l’ex protagonista di Mani Pulite ha appena chiuso la sua carriera giudiziaria come indagato a Brescia. Un brutto finale, dopo le furiose polemiche sul caso Amara, sulla gestione dell’accusa ma in genere dei suoi Pm da parte del Procuratore e – dulcis in fundo – con lo spettacolo dei magistrati che si sono denunciati a vicenda.
Ma evidentemente per il successore della Raggi in Campidoglio quello che contava di più era evocare Mani Pulite e issare la bandiera dell’anticorruzione a 30 anni dall’arresto di Mario Chiesa e dell’inizio di Tangentopoli. A ben guardare, con la nomina di Greco garante della legalità in Campidoglio, siamo di
fronte a una doppia sconfitta. Quella della politica che ha bisogno di ricorrere alla stampella di un ex magistrato, e quella della magistratura sottolineata proprio dal triste addio di Greco al vertice della Procura simbolo di Tangentopoli. Ma evidenziata anche dallo scontro politico-giudiziario tra lo stesso Greco e l’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, altro ex moschettiere di Mani Pulite.
Detto questo, adesso resta da vedere che cosa potranno fare in concreto i due antichi magistrati del Pool di Borrelli voluti come garanti della legalità dai sindaci di Roma e Milano. Lavoreranno a titolo gratuito e già questo, paradossalmente, non è un buon segno. Perché probabilmente potranno dare al massimo qualche buon consiglio. D’altra parte un “garante” della legalità non ha alcuna veste per poter contrastare concretamente la corruzione. È soprattutto una bandierina, una figura mediatica.
Allora è forse il caso di ricordare che per combattere la corruzione nei Comuni di Roma e Milano (e ovunque la politica gestisce danaro pubblico) esistono leggi, tribunali, la Corte dei Conti e perfino un’Autorità Nazionale Anticorruzione. L’A.N.A.C. – Autority indipendente fondata nel 2009 tra sventolii di bandiere e squilli di tromba – di cui si sono perse le tracce.