Diciamola tutta: portare la Nato ai confini della Russia di Putin non è stata una grande operazione politica. Dal 1997 ad oggi sono stati 14 i nuovi Paesi entrati a far parte dell’Alleanza Atlantica. E due di questi, Lettonia ed Estonia, confinano con la Russia. Completare la migrazione dei Paesi dell’ex impero sovietico con l’Ucraina andava quindi escluso in maniera netta e chiara.
Anche perché su questo punto c’erano gli accordi sottoscritti nel 2014 a Minsk. Invece il segretario generale della Nato, il norvegese Jens Stoltenberg, non è mai stato chiaro in proposito. E così adesso, dopo l’invasione russa, sono molti a credere che la sua ambiguità abbia contribuito ad alimentare la paranoia di Putin. Insomma la sua convinzione che prima o poi l’Ucraina potesse effettivamente transitare nella Nato. E qui si pongono due grandi problemi: la natura di un’alleanza militare nata con uno scopo puramente difensivo e che in quanto tale dovrebbe restare silente. E il ruolo del suo segretario generale che dovrebbe essere puramente esecutivo, lasciando le decisioni politiche ai leader dei Paesi membri.
Ma nel caso dell’allargamento della Nato non è stato così. Anzi, Stoltenberg ha irritato ulteriormente il Cremlino invitando Svezia e Finlandia come “osservatori” al vertice dell’Alleanza convocato a invasione appena iniziata. Benzina sul fuoco, visto che si tratta di altri due vicini di casa di Mosca non aderenti alla Nato.
Miopia politica. Certo. Infatti, qualcuno aveva lucidamente previsto che l’allargamento dell’Alleanza Atlantica fino ai confini della Russia si sarebbe trasformato nel «peggiore errore politico dalla fine della Guerra Fredda». A scriverlo, in un commento pubblicato dal New York Times, fu, nel lontano 1997, un diplomatico statunitense che conosceva bene la Russia: George Frost Kennan, padre della politica di “contenimento” nei confronti di Mosca e tra gli architetti del Piano Marshall.
Siccome l’allargamento della Nato a Est cominciava proprio quell’anno, Kennan avvertiva sui suoi pericoli: «Si può prevedere che una simile decisione potrebbe infiammare le tendenze nazionaliste, antioccidentali e militariste nell’opinione pubblica russa, avere un effetto avverso sullo sviluppo della democrazia russa, ripristinare l’atmosfera della Guerra Fredda nelle relazioni Est-Ovest e spingere la politica estera russa in direzioni a noi decisamente sgradite». Una profezia che purtroppo adesso si è avverata.