Leggere, anche solo sfogliare un libro, costruisce una sinapsi tra le cellule nervose; crea, pagina dopo pagina, storia dopo storia, una rete di ponti tra i neuroni: pensieri nuovi che formano il sostrato della cultura individuale e che influenzano la nostra identità. Era forse intuibile, ma a questo tipo di conclusione arrivano dei ricercatori che hanno chiesto a un gruppo di volontari di leggere dei libri «nella proiezione su uno specchio all’interno di una macchina per la risonanza magnetica funzionale». Un tipo di analisi che consente di monitorare il flusso sanguigno nelle aree cerebrali, in sostanza dove e quando i neuroni si attivano. Hanno constatato che aumenta non solo nella zona dove si elabora il linguaggio, ma quasi ovunque. Ne deducono che le «letture possono affinare la sensibilità sociale». Invitano a riflettere: «Immaginate se, prima di iniziare un’azione militare aggressiva, i leader dovessero leggere un romanzo dal punto di vista di un soldato nemico. Immaginate se, prima di tagliare i servizi sociali, i legislatori dovessero abitare attraverso un romanzo i dolori interiori di una persona disabile…».
Già: proviamo a immaginare. Forse tante cose trovano spiegazione. Sono tanti, forse, come l’impagabile sotto-segretario alla cultura Lucia Borgonzoni, a non prendere da anni un libro in mano; e non solo in Italia. Con le conseguenze che sono ben visibili. È possibile, per restare all’attualità più tragica, che Putin non legga un romanzo da tempo.
Per non saper né leggere né scrivere, prendiamolo subito, un libro, e leggiamo. Male non farà. Personalmente, ancora una volta, mi immergo nei “Promessi Sposi” di Manzoni. Agli amici avvocati penalisti, mi sento di suggerire in particolare il terzo capitolo: Renzo che va ad esporre i suoi guai all’avvocato Azzecca-garbugli; non è giusto ricordare solo il Riches di Leonardo Sciascia, vero?