La prima reazione è stata un pensiero molto cattivo: «Qualcuno ha bisogno di uno strizzacervelli, ma uno molto molto molto bravo». Carlo Freccero, celebrato come geniale inventore di una televisione “altra” e “diversa” (ma la sua ultima esperienza a Rai 2 è stata più che deludente, credo di saperlo bene), da qualche tempo è protagonista di “exploit” a dir poco sorprendenti.
Nei giorni dell’emergenza dolorosa drammatica, in discreta compagnia, assume posizioni che per comodità si possono riassumere in “no vax” (ma c’era, e c’è, di assai altro che una perplessità al vaccino). Ora tocca alla guerra scatenata in Ucraina da Vladimir Putin. Pare che Freccero e la commissione Du-Pre (“Dubbio e Prevenzione”, concetti quanto mai lodevoli, ma che in questi contesti ci si permette di dubitare siano usati nel modo appropriato) preparino un “giornale”. Figuriamoci se di questi tempi non ci si rallegra che qualcuno trovi forza e coraggio per offrire un “qualcosa” di cartaceo che si legge. Figuriamoci se non è benvenuto un giornale che si prefigge d’andar contro “la narrazione dominante”. Per questo si passa sopra all’auto-celebrazione che si legge in certi sommari: “Noi autorevoli”. Lo dovrebbe però giudicare al lettore.
La “notizia” prosegue rendendo noto che dopo un convegno organizzato dalla commissione Du Pre «che ha unito le tesi No Vax e quelle filo Mosca, nasce l’idea di un “progetto editoriale”. I redattori saranno i prof. senza Green Pass». Come inizio, non c’è male: discriminare, in nome della lotta a una presunta discriminazione…
Poi ci si rammenta che lo stesso Freccero, a una riunione del Comitato Du Pre, ha pensato bene di accostare le immagini degli eccidi a Mariupol a una fiction; tutto sommato c’è una logica, una coerenza. Ma vien da domandarsi cosa si debba e si possa fare, dinanzi a certe situazioni, certe perentorie affermazioni che tutto sono meno che un “dubbio”, una “prevenzione”. Dunque, che fare?
Il ricordo, la memoria va in anni lontani. Il lettore ricorda il professor Robert Faurisson? Era un professore d’università. Un giorno si mette in testa che i nazisti non hanno fatto lo sterminio che sappiamo, le camere a gas non sono mai esistite, è tutto un colossale complotto. Un negazionista, insomma.
C’è chi lo ascolta (i “comprensivi” non sono solo di oggi), presta attenzione alle sue corbellerie. Approda perfino alla pagina dei commenti dell’autorevole “Le Monde”. Per il diritto di conoscere. Per non essere proni, come si dice oggi, al «pensiero unico dominante». Alla direzione del giornale si interrogano: come si fa a pubblicare queste idiozie, senza controbatterle? Così, pensano bene di scomodare il rabbino capo della comunità ebraica di Parigi, e nella pagina dei commenti appaiono affiancati, l’intervento di Faurisson e quello del rabbino: quest’ultimo, oppone al negazionista una quantità di inoppugnabili argomenti che smontano una per una le idiozie di Faurisson.
Tutto bene? Proprio no. Perché a vincere, in qualche modo, è il negazionista. La vittoria di Faurisson consiste nel fatto che ha costretto la direzione del giornale e il rabbino capo di Parigi a contestare le sue idiozie. Per il solo fatto di essere contestate, sono legittimate. Ma del resto, che fare? Non pubblicare, farsi accusare di essere proni al “pensiero unico dominante”? Pubblicare senza replicare? Questo è il gioco di tutti i negazionisti di qualsiasi negazione. Li ignori, e si spacciano per vittime; li contesti, e li legittimi. Come uscirne non saprei dire.
Una domanda però sì: carissimi Giorgio Agamben e Massimo Cacciari: ma come portavoce, niente di meglio di Carlo Freccero?