Oibò! Il Corriere della Sera, informa che il leader del M5S, pancia in dentro e petto in fuori, stentoreo, intima a destra e a manca: «Giù le mani dal direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano, giù le mani da Bianca Berlinguer». Si fosse l’uno o l’altra, subito, senza esitare, si farebbe ricorso ad ogni sorta di amuleto e pratica di scongiuro. Essere difesi dal M5S, da Conte in particolare, equivale a una sentenza di morte. Se il M5S e Conte insorgono, corrono in soccorso, quale grave errore si è commesso? Perché è una sorta di legge fisica: se il M5S e Conte approvano qualcosa, qualcosa di sbagliato ci deve essere.
Fuor di celia. Quello che fa sorridere (amaro), è apprendere che l’amministratore delegato Carlo Fuortes ha avviato un chiarimento con Berlinguer. Finalmente, viene da pensare. Già: quest’ultima intervistata dal Corriere della Sera, tempo fa ha fatto sapere che lei da mesi non comunica con il direttore della sua rete (la Tre), Franco Di Mare. È evidentemente cosa normale che un direttore non parli con la conduttrice di un programma che va in onda nella sua rete.
Come sia, Fuortes e Berlinguer, riferisce il Corriere, si sono chiariti. Dev’esserci però ancora un bel po’ di nebbia: Fuortes propone a Berlinguer di trasformare Cartabianca in altra cosa, in altra rete, in altro orario; Berlinguer «sembra non voler mollare». Il chiarimento, forse, consiste nel fatto che non sono d’accordo.
Pare che Fuortes abbia «bandito l’informazione giornalistica fatta dai talk in prima serata». Chiamare quella dei talk “informazione giornalistica” ci vuole davvero tanto, troppo coraggio. Le ragioni per “disertare” i talk li spiega molto bene Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali a La Stampa: «Nel formato del talk-show il conduttore non smaschera le bufale fattuali, non fa fact-checking, bensì le presenta come opinioni che un altro opinionista è chiamato a contrastare, peraltro in pochi minuti». Al di là dello specifico caso che ha innescato il dibattito (l’eccessiva comprensione delle “ragioni” putiniane da parte di “ospiti”), la questione posta è quella sul mezzo dei talk-show per fare informazione: l’interlocuzione efficiente solo se basata sui fatti e non sulla propaganda/opinione. Da tempo si è rinunciato a questo principio, preferendo il contrasto a tutti i costi, che farebbe aumentare gli ascolti.
Questo “preferisco di no”, va tutto a onore di Tocci, naturalmente; c’è da augurarsi che il suo esempio sia imitato. Resta la questione, anzi: due. Non si capisce perché se un talk, nel modo in cui è confezionato, non va bene in prima serata, lo si debba propinare in seconda.
Ancora: se si vuole assicurare informazione e conoscenza corrette, un modo semplice e chiaro c’è; si fa un nome per tutti: Francesca Mannocchi. Le sue corrispondenze, carta stampata e tv, sono limpide, esaustive, esemplari: “raccontano”, mostrano, spiegano con fatti e immagini. Certo: occorre andare sui luoghi; certo, occorre lavorare; certo, occorre saper lavorare; certo, occorre lasciare “spazi” che non siano i novanta secondi di un collegamento frettoloso per dare ore di spazio a tromboni e trombette in studio. Certo occorre finanziare le trasferte, e non fare i conti del salumaio (con rispetto per la categoria), come si fa a viale Mazzini.
Infine: se nelle reti RAI del pubblico servizio si privilegia un’informazione alla Mannocchi invece del talk alla Berlinguer, tutti i bla-bla, i miao-miao, i bau-bau, i pio-pio dei vari politici e le conseguenti carriere dei reggi microfono pret-à-porter, vanno in soffitta. A questo punto, la difesa chissà quanto gradita di un Conte rientra in una precisa logica di do ut des (ovviamente senza voler insinuare che nel caso specifico ci sarà, o ci sia stato, un “des”).