Sotto le macerie provocate dalla guerra di Putin ci sono ormai anche quelle delle grandi istituzioni internazionali. Esattamente come le località dell’Ucraina bombardate dai russi, l’Unione Europea, l’Onu e il Tribunale Penale Internazionale mostrano, evidenti, i segni del conflitto. Con i loro statuti e le loro regole nate in un mondo che non c’è più. Con i mastodontici apparati burocratici inservibili per affrontare e risolvere rapidamente le controversie di oggi.
È un enorme problema di cui naturalmente si parla ancora troppo poco, perché non basta invocare la revisione dei trattati vigenti. Specialmente se poi la propaganda dell’Occidente resta quella di sempre, e continua imperterrita a smerciare come “notizie” la retorica sull’azione di pace dell’Onu, sulle “indagini” della Corte per incriminare Putin e sulle prossime sanzioni dell’Ue contro la Russia.
L’invasione dell’Ucraina e la guerra in corso fanno emergere una realtà completamente diversa. Cioè che il ruolo dell’Onu è inesistente. Che incriminare un capo di Stato regolarmente eletto per crimini che nemmeno rientrano nella giurisdizione del Tribunale dell’Aja, è un’utopia. E continuare a rappresentare l’Unione Europea come un soggetto unitario, in grado di trovare sempre un accordo al suo interno, è un autentico falso.
Per avere l’idea della “compattezza” dell’Ue basterebbe osservare i contrasti sulle sanzioni alla Russia, analizzando – per esempio – l’empasse di Bruxelles sul blocco delle importazioni del petrolio russo di fronte al niet di Victor Orbán e di quel gruppetto di paesi che insieme all’Ungheria sono pronti a esercitare il diritto di veto. E quindi hai voglia a parlare, come fa sempre più spesso la presidente della Commissione Ue, della necessità di rivedere i trattati, in modo da superare il potere di veto da parte di singoli Stati membri ed estendendo il voto a maggioranza a tutti i settori di competenza dell’Unione europea.
Comunque sia, Ursula von der Leyen, non ha ancora dovuto subire le umiliazioni di Antonio Guterres. Si pensi all’infelice tentativo di mediazione del Segretario generale dell’Onu e ai suoi due ultimi viaggi per incontrare Putin e Zelenski. Con il presidente ucraino che lo accusava di essere andato prima dallo “zar” che da lui. E Putin che ordinava un lancio di missili su Kiev proprio durante la visita di Guterres.
In alternativa a una soluzione politica del conflitto caldeggiata da Macron, Scholz e adesso anche da Draghi, c’è poi chi invoca la scorciatoia giudiziaria e, quindi, una condanna di Putin per le stragi di civili e per i crimini di guerra degli invasori russi.
Ai primi di marzo il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha annunciato di aver «notificato la decisione di aprire un’indagine» avviando la raccolta delle prove. Secondo Khan, c’è una «base ragionevole per credere che in Ucraina siano stati commessi crimini che rientrano nella giurisdizione della Corte». Tradotto in parole semplici, significa che la Corte potrebbe agire anche contro un Paese come la Russia che non ha ratificato lo statuto e non riconosce la giurisdizione dell’Aja. Resta il fatto che poi, anche di fronte a prove sufficienti per emettere un mandato di cattura, bisognerebbe sempre trovare qualcuno disposto ad andare ad arrestare Putin…