Forse Vladimir Putin non è più il «miglior amico» di Xi Jinping. Forse tra Cina e Russia non c’è più una «alleanza senza limiti». Il presidente della Repubblica Popolare Cinese in una telefonata con Putin è stato cortese ma chiaro: «Tutte le parti dovrebbero spingere per una soluzione adeguata della crisi ucraina in modo responsabile». L’invito a essere «responsabile» è certamente rivolto a Zelensky (e al suo sostenitore Biden) ma anche allo “zar”. Xi ha aggiunto: Pechino «è disposta a continuare a svolgere il proprio ruolo in questo senso».
L’invasione russa dell’Ucraina non è per niente piaciuta al presidente cinese fin dall’inizio per due ragioni: 1) è lesa l’integrità territoriale di un paese sovrano, 2) la guerra in Europa (e le sanzioni decise dagli Usa e dai paesi occidentali contro Mosca) danneggiano gli interessi economici di Pechino. Sarà un caso ma il Dragone è rimasto freddo verso le richieste di aiuti militari del Cremlino nonostante l’«alleanza senza limiti».
Il linguaggio dialogante del timoniere della superpotenza asiatica spinge per una tregua, per una pace in Ucraina. È in netta contrapposizione con il linguaggio bellicista russo: dall’accusa all’Occidente di essere di fatto in guerra con la Russia alle ripetute lugubri ipotesi dello scoppio di un conflitto atomico. Dmitry Medvedev, grande sostenitore di Putin, non è stato certo “responsabile” quando ha annunciato il suo “odio” verso i paesi occidentali. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Russia ha addirittura accusato: «Sono bastardi e degenerati. Vogliono la morte della Russia. Finché sarò vivo, farò di tutto per farli sparire».
Il presidente cinese stoppa il presidente della Federazione Russa. I toni distensivi di Xi Jinping sono analoghi a quelli di Macron, Scholz e Draghi che pure, collocati sul fronte opposto, hanno risposto con decisione all’invasione decisa da Mosca. Come Joe Biden il presidente francese, il cancelliere tedesco, il presidente del Consiglio italiano forniscono armi all’Ucraina per difendersi dall’aggressione russa ma indirizzano tutti gli sforzi con la priorità di arrivare alla pace.
Con questo obiettivo c’è stata l’importante missione politica del viaggio nell’Ucraina devastata dalla guerra. La triade dei principali paesi europei giovedì 16 giugno si è recata a Kiev (assieme al presidente romeno Iohannis) per parlare con Zelensky. Mentre per il segretario della Nato Stoltenberg e per il governo britannico «l’Ucraina può vincere questa guerra», invece per Macron l’obiettivo è di fermare il conflitto “senza umiliare” la Russia. Draghi insiste per l’adesione dell’Ucraina alla Ue e per la creazione urgente di “corridoi sicuri” via mare per consentire l’esportazione del grano di Kiev. L’obiettivo è di evitare una “catastrofe alimentare» soprattutto nelle nazioni povere dell’Asia e dell’Africa.
Una mediazione di pace è apparsa e misteriosamente scomparsa lo scorso marzo. Per una tregua, per un compromesso di pace si stanno muovendo in molti. La Turchia e Israele si sono spesi con mosse formali ma purtroppo le trattative tra Ucraina e Russia sono rimaste al palo. La Cina si muove sottotraccia ma anche il Vaticano sta facendo di tutto per cercare una soluzione politica alla guerra. Draghi non è del tutto scettico sulla pace: «Al momento non si vedono margini» ma «c’è una iniziativa diplomatica che non c’era un mese fa». Forse si riferisce anche a Pechino.