Tempo di elezioni, tempo di illusioni. È la sagra del “venghino siori venghino, c’è il millebellezze…”. Siamo alle prime battute, ma già la demagogia si taglia a fette.
Non tanto quella arruffona e “sempliciotta” di un Silvio Berlusconi che promette 13mila euro annui a nonni e mamme, un milione di alberi e dentisti gratis per i non abbienti. È una variante delle scarpe e del pacco di pasta di laurina memoria. Ci avesse pensato Antonio Albanese, le avrebbe potute inserire nello sgrammaticato catalogo di promesse di Cetto La Qualunque.
No, sono altre le “promesse” insidiose, quelle che rischiano di far presa, perfino di essere mantenute. Come la sciagurata riforma che ha portato alla riduzione di deputati e senatori, senza mettere in cantiere, contemporaneamente, le altre necessarie riforme capaci di bilanciare gli effetti del provvedimento; o i vitalizi, con effetto retroattivo; e le condanne previste dalla legge Severino, anch’esse retroattive.
Sono demagogie trasversali, che avvelenano lentamente, senza quasi che uno se ne accorga. Demagogie che rischiano di diventare legge dello Stato.
L’altra sera abbiamo ascoltato Silvio Berlusconi teorizzare che nella prossima legislatura intende predisporre una normativa che preveda il vincolo di mandato. Attualmente è in vigore l’articolo 67 della Costituzione: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Certo: può accadere che un deputato o un senatore, nel corso della legislatura, cambi “casacca”; ma questo attiene alla sua serietà, alla sua coscienza; l’elettore è poi libero di valutare se questo suo comportamento approvarlo o meno. Invece con il vincolo di mandato il parlamentare è “prigioniero” più di quanto già non sia del partito che lo elegge (anzi, lo nomina, grazie a una legge elettorale che non si è stati capaci di rinnovare). Non cambierà “casacca”, ma dovrà prestare obbedienza pronta e cieca alla dirigenza del partito. Un bel passo in avanti, non c’è che dire.
Altra demagogia, di marca questa volta grillesca: non più di due mandati. Per certi personaggi, l’abbiamo visto e lo vedremo ancora, anche mezzo mandato è troppo; altri, in Parlamento possono starci tutta la vita. Mi limito ad alcuni nomi: Aldo Bozzi, Alcide De Gasperi, Ugo La Malfa, Loris Fortuna, Riccardo Lombardi, Marco Pannella, Ferruccio Parri, Giuseppe Saragat, Umberto Terracini, e sono i primi che vengono in mente.
Curiosamente, a proposito dei partiti la Costituzione prevede cose precise. L’articolo 49 stabilisce che «tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Com’è noto uno dei maggiori problemi dei partiti è quello della democrazia interna. Il “metodo democratico” è stato oggetto di lungo dibattito, fin dai tempi dell’Assemblea Costituente. Dibattito di cui oggi sembra esserci persa del tutto la memoria. Eppure stabilire (e applicare) che il metodo democratico è condizione essenziale dell’esistenza dei partiti non è questione irrilevante; e come conciliare questo valore senza che il “controllo” diventi un attentato all’autonomia organizzativa dei partiti non è questione di poco conto…