A meno di tre mesi dalle elezioni brasiliane del 2 ottobre prossimo, i sondaggi danno l’ex presidente Lula in testa con una ventina di punti di vantaggio. Un distacco che sembra incolmabile e potrebbe assegnargli la vittoria al primo turno. Ma il presidente uscente, il populista di estrema destra Jair Bolsonaro, ha già fatto sapere che, in caso di sconfitta, farà di tutto per restare al suo posto ed evitare l’ingresso del suo successore a Palácio da Alvorada.
Ormai non passa giorno senza che Il “Trump dei Tropici” lanci bordate contro i presunti difetti del sistema elettorale brasiliano e faccia capire di non essere disposto ad accettare senza reazioni una vittoria del suo antagonista. Esattamente come fece l’amico “The Donald” a gennaio del 2021, con la contestazione della vittoria di Joe Biden e l’assalto al Campidoglio.
Bolsonaro ha quindi aperto ufficialmente la sua campagna elettorale, radunando i sostenitori in uno stadio di Rio de Janeiro, per presentare la battaglia politica in corso come una “lotta tra il bene e il male”, dove il bene sarebbe lui e il male sarebbe rappresentato dalla sinistra capeggiata da Lula. «Siamo il bene e siamo pronti a lottare per la nostra libertà e la nostra patria», ha tuonato. Poco dopo, in un discorso pronunciato davanti a una cinquantina di ambasciatori stranieri esterrefatti, ha tenuto un’arringa di quasi trenta minuti contro la Corte elettorale brasiliana. E attaccando il sistema di votazione interamente elettronico in vigore in Brasile come «non sicuro», e
pertanto soggetto a «possibili attacchi di hacker informatici» in grado di falsare il risultato finale. Per questa ragione ha suggerito un computo parallelo gestito direttamente dalle Forze Armate.
E Lula? Dopo l’uccisione a fucilate di un dirigente del suo partito per mano di un sostenitore di Bolsonaro, ha denunciato il clima di radicalizzazione dello scontro e ha chiesto che fino al voto di ottobre venga proibito il porto di armi in pubblico. Per tutta risposta, il presidente Bolsonaro ha invitato i suoi sostenitori a comprare più armi. Cosa che purtroppo sta succedendo negli Stati che gli sono più favorevoli e non lascia prevedere nulla di buono.