«Il nostro partito sta dalla parte degli uomini e delle donne delle forze dell’ordine a livello federale, statale e locale e questi attacchi all’Fbi devono finire». Così l’ex vice presidente Mike Pence in un recente discorso al Saint Anselm College nel New Hampshire cercando di calmare le acque sugli atteggiamenti potenzialmente violenti verso agenti della polizia nazionale.
Subito dopo la perquisizione di Mar-a-Lago, la proprietà in Florida dell’ex presidente Donald Trump, l’Fbi è stata attaccata dall’establishment del Partito Repubblicano, condannando l’azione senza precedenti, ignorando però che tutto era legale. L’Fbi aveva ottenuto un mandato di perquisizione della residenza di Trump perché quando uscì dalla Casa Bianca il gennaio dell’anno scorso portò con sé scatole di documenti che appartengono al governo e non a lui. Dopo alcune negoziazioni una parte di questi documenti è stata restituita ma ne rimanevano altri che il ministero della Giustizia considera contenenti informazioni riservate ed alcune top secret. Il New York Times ci ha proprio adesso informati che 300 documenti riservati sono stati scoperti a Mar-a-Lago. Trump avrebbe violato ben tre leggi federali, una di loro di spionaggio, perché in possesso di documenti con informazioni pericolose alla sicurezza del Paese.
Gli attacchi del Partito Repubblicano all’Fbi capitanati da Trump hanno sottolineato la politicizzazione dell’agenzia. In uno strano senso hanno ragione ma la storia ci dice che dagli inizi fino ai nostri giorni l’Fbi è stata alleata delle forze politiche di destra. Fondata negli anni ‘20 l’agenzia concentrò i suoi sforzi a combattere i comunisti, anarchici, ma anche gruppi di destra come il Ku Klux Klan e ovviamente il crimine organizzato, divenendo sempre più potente specialmente sotto la guida di J. Edgar Hoover. Questi la diresse dal 1924 fino alla sua morte nel 1972 compilando dossier su individui considerati pericolosi come Martin Luther King ma anche su parecchi presidenti americani. Hoover conservò queste informazioni segrete come possibili strumenti di ricatto per mantenersi al potere poiché aveva paura di essere licenziato specialmente da presidenti democratici.
Hoover fu sostituito da alcuni direttori temporanei e poi nel 2001 George W. Bush nominò Robert Mueller il quale vi rimase anche con Barack Obama fino al 2013. Fu seguito da James Comey, nominato da Obama. Trump lo licenziò nel 2017 perché Comey si rifiutò di porre fine alle indagini sull’interferenza russa nell’elezione del 2016, uno degli atti che gli valse l’accusa di ostruzione alla giustizia nel rapporto del procuratore speciale Robert Mueller sul Russiagate. Mueller provò l’interferenza russa nell’elezione del 2016 e incriminò 13 individui di nazionalità russa che ovviamente non si presentarono ritornandosene in Russia. Trump rimpiazzò Comey con Christopher Wray che continua tuttora anche con Joe Biden.
Adesso, sotto la guida di Wray e l’approvazione del nuovo ministro della Giustizia Merrick Garland, Trump si è inguaiato per le sue azioni di portarsi scatole di documenti a Mar-a-Lago che dovrebbero essere rimaste alla Casa Bianca e poi trasferite agli archivi nazionali come è avvenuto con tutti i presidenti precedenti.
Trump si è sentito violato dalla perquisizione anche se meritava il trattamento della giustizia. I suoi annunci sull’Fbi non sono passati inosservati dai suoi sostenitori. Uno di loro che era stato presente nell’insurrezione al Campidoglio del 6 gennaio 2021 ha attaccato l’ufficio dell’Fbi di Cincinnati in Ohio ma fu ucciso. Inoltre i due agenti che hanno firmato l’atto di perquisizione di Mar-a-Lago sono stati pubblicati dai social dell’ex presidente e sono stati soggetti di minacce. Da aggiungere anche il caso del giudice Bruce Reinhart che ha firmato il mandato di perquisizione. Anche lui è stato preso di mira e la sua sinagoga ha dovuto cancellare i servizi dello Shabbat, il giorno di riposo settimanale, per le minacce ricevute.
Se Pence ha reiterato che i repubblicani rispettano le forze dell’ordine il suo ex capo non ha detto niente al riguardo. Infatti il rispetto dell’ex presidente verso le forze dell’ordine che hanno difeso il Campidoglio si è dimostrato solo con il completo silenzio.
Gli attacchi e le minacce dei sostenitori di Trump verso i suoi avversari politici sono divenuti un cancro nel Paese. Qualche voce si alza di tanto in tanto per calmare le acque. Il giudice Richard J. Sullivan del Secondo Circuito, presidente del Judicial Conference Committee sulla sicurezza dei giudici, ha dichiarato recentemente che «le minacce contro i giudici che mettono in atto le loro responsabilità rappresentano una minaccia al cuore della democrazia». Lo sanno tutti. Lo sa specialmente Trump. Sa anche che può contare sui suoi sostenitori con le buone e le cattive per sbilanciare i suoi avversari. Perché dovrebbe fare un’eccezione con gli agenti dell’Fbi?
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.