In molti non credevano alla chiusura del Nord Stream1, allo scoppio della guerra del gas. Ancora a fine giugno Vladimir Putin assicurava: Mosca è pronta a «rispettare i suoi obblighi sulle forniture di energia e fertilizzanti».
Invece così non è stato. Prima Gazprom ha ridotto le vendite di gas all’Europa con motivazioni tecniche, di manutenzione e di riparazioni di guasti ai metanodotti. All’inizio di settembre invece è giunta addirittura la completa chiusura del Nord Stream1 a tempo indefinito.
Ma le ragioni sono politiche, non tecniche. Il presidente russo è tornato a puntare il dito contro le sanzioni occidentali. Al Forum economico di Vladivostok invita i paesi europei ad abolirle e «a tornare in sé». Minaccia di chiudere del tutto i rubinetti delle forniture se scatteranno i tetti ai prezzi (in questo caso «non forniremo gas, petrolio, carbone o kerosene, non forniremo niente»). Minaccia altri rincari: le proposte di un tetto «al prezzo del gas sono stupide, e porteranno all’aumento dei prezzi».
Tuttavia Bruxelles non cambia orientamento. Anzi. Ursula von der Leyen vuole fare presto: «Il tetto al gas russo può procedere molto rapidamente». La presidente della commissione europea sollecita a non ascoltare più le parole di Putin perché non fa altro che «ricattare la Ue». La presidente della commissione europea ricorda che già a diversi paesi dell’Unione sono state completamente tagliate le forniture. Per ora i prezzi internazionali “frenano”: le quotazioni del metano a Amsterdam sono scese a poco più di 200 euro al megawattora dalle punte di 350 di agosto.
La chiusura del Nord Stream1 è stato un colpo micidiale: l’Unione europea ha perso il principale gasdotto dalla Russia, il più importante rubinetto d’energia per la Germania. Venne inaugurato in pompa magna nel novembre 2011 come simbolo della cooperazione tra la Ue e la Federazione Russa. In particolare è stato il simbolo della pacifica e proficua collaborazione tra gli interessi complementari della Germania (a caccia di energia a basso costo per le sue industrie) e la Russia (in cerca di clienti per le sue sterminate riserve di gas e di petrolio).
L’invasione russa dell’Ucraina ha rotto questo modello di cooperazione. La Ue ha deciso assieme agli Stati Uniti e agli altri paesi occidentali di varare le sanzioni e di inviare armi a Kiev. Putin ha risposto con la riduzione delle vendite di energia e l’esplosione dei prezzi: il metano, in particolare, è rincarato di ben dieci volte rispetto a un anno fa mettendo in ginocchio fabbriche e famiglie europee.
Ora la domanda sul tavolo dei governi europei è: il Cremlino chiuderà anche gli altri gasdotti? L’Europa corre ai ripari pensando ad alternative energetiche (i vari paesi già si sono mossi autonomamente ricorrendo ad altri produttori) e a un piano di risparmi. La Ue ha pagato a carissimo prezzo l’estrema dipendenza da Mosca, in particolare per il gas. Ha sommato gravi errori politici al problema di carenza di fonti di energia interne (adesso sta importando metano via nave perfino dai lontani Stati Uniti).
Fin da marzo Mario Draghi aveva sollecitato il varo di un tetto massimo europeo al prezzo del gas per calmierare il mercato e far calare i prezzi. La proposta del presidente del Consiglio italiano venne apprezzata ma fu rinviata ogni decisione perché l’Europa era divisa: in particolare la Germania si opponeva e si oppone ancora. Ora i contrasti si sono ridotti ma Berlino, in particolare, teme di perdere del tutto le forniture russe. E si tratterebbe di acquisti a prezzi molto più bassi di quelli pagati da altri paesi europei come l’Italia. Il nostro paese spera di spuntala: molte nazioni sono favorevoli alla proposta di Roma di un tetto a tutte le vendite di metano, di qualsiasi provenienza. Il vertice Ue dei capi di governo e di Stato tenterà di trovare un accordo a ottobre.
Putin nega di usare l’energia come un’arma ma cavalca la guerra economica contro l’Europa. Adesso il simbolo sinistro della chiusura del Nord Stream1 ha rafforzato un ripensamento. Ora la proposta di Draghi ha più carte da giocare. La pressione è forte. Il G7 ha annunciato la volontà di varare un tetto anche per il prezzo del petrolio.