Pensare che dopo il 25 settembre Giorgia Meloni e la destra potranno cambiare la Costituzione e fare quello che vogliono, grazie a un’ampia maggioranza parlamentare, probabilmente è soltanto un sogno.
O un incubo. Dipende dai punti di vista. La sola cosa certa è che in genere il numero dei voti in Parlamento non basta e può addirittura trasformarsi in un boomerang. Infatti l’arroganza di chi vince nettamente un’elezione è sempre cattiva consigliera. Come dimostra il caso del Portogallo, dove la maggioranza assoluta conquistata appena sei mesi fa dal Partito socialista di Antonio Costa non sta portando bene al governo monocolore che ha già perduto il suo stato di grazia.
Licenziata a fine agosto, la ministra della salute Marta Temido, per le crescenti difficoltà degli ospedali pubblici nella gestione delle emergenze, il premier portoghese Antonio Costa non provvederà alla sostituzione prima del 15 settembre. La ragione è che non vuole esporre la
nuova ministra al fuoco incrociato sulla riforma del Servizio Sanitario Nazionale che a metà mese verrà presentata in Parlamento. Si tratta di un segno evidente di debolezza. La prova che in Portogallo l’autosufficienza dell’esecutivo non garantisce i quattro anni di stabilità e di navigazione tranquilla previsti dalla maggior parte degli osservatori dopo il risultato delle elezioni anticipate del 30 gennaio scorso. Con il 41,7 per cento dei voti e i 117 deputati conquistati dal PS.
Ma i problemi di Costa erano cominciati prima del fallimento della ministra della Salute, paradossalmente la stessa che all’epoca del Covid era diventata un esempio di buon governo per il modo in cui aveva gestito la pandemia. La rilassatezza di Marta Temido che questa volta non ha affrontato con decisione il problema degli ospedali pubblici, che alla vigilia dell’estate sono entrati in crisi per mancanza di personale, conferma che la maggioranza assoluta a volte può trasformarsi in un boomerang.
Cosa che era già evidente a fine marzo. Solo tre mesi dopo la nascita del nuovo governo monocolore. Quando Pedro Nuno Santos, rampante ministro delle Infrastrutture e indicato da molti come il delfino del premier, aveva pensato di risolvere l’annoso problema della scelta dell’ubicazione del nuovo aeroporto di Lisbona con un’ordinanza, in cui indicava la sua scelta. Un gesto di arroganza che Costa gli fece rimangiare immediatamente con una pubblica abiura. Il ministro riuscì a salvare la poltrona ma fu costretto a scusarsi e a revocare l’ordinanza. Perché, come gli aveva saggiamente spiegato il premier, «una questione tanto importante deve essere concordata con il PSD (il maggior partito di opposizione) e con il capo dello Stato…».