Il delitto di Simonetta Cesaroni è di quelli che hanno fatto epoca, non solo perché la ragazza è stata uccisa in modo atroce, con una trentina di feroci coltellate, in un’assolata giornata del 7 agosto 1990. È un delitto misterioso, rimasto insoluto. A lungo si è cercato un colpevole; tanti sospetti, nessuna certezza. Resta un grande punto interrogativo, sul chi, sul perché, se vi siano stati complici che hanno aiutato l’assassino a delitto consumato.
I grandi “gialli”, comunque, non si archiviano mai, soprattutto d’estate. Si apprende in queste ore che verosimilmente l’assassino era (è, se ancora vivo), persona nota, conosciuta dalla sua vittima. L’assassino di Simonetta era (è) persona nota, di casa, o comunque «aveva la possibilità di ottenere un comodo punto di appoggio nel palazzo o in aree limitrofe, tanto da trovarvi riparo immediatamente dopo il delitto». Senza essere Jules Maigret o Hercules Poirot, e men che meno Sherlock Holmes (anzi: più vicino al tenente Frank Drebin interpretato da Leslie Nielsen in “Una pallottola spuntata”), qualche cosa del genere lo si era intuito e immaginato. Quanto al fatto che verosimilmente l’assassino sia un «soggetto di gruppo sanguigno di tipo A», la cosa fa pensare: solo ora si sono esaminate le tracce ematiche?
Al di là di questo, non sembra si sia davanti a una clamorosa svolta. Si aggiunge poco o niente a quanto già emerso in anni di indagini e processi. Colpisce però un aspetto della vicenda: il tutto è contenuto in una relazione, all’unanimità votata, della parlamentare commissione Antimafia, quella ancora per poco guidata da Nicola Morra.
Perché si è occupata della vicenda? Si spiega che l’obiettivo della commissione è fornire alla procura di Roma (che ha aperto il classico e rituale fascicolo contro ignoti) «nuovi spunti investigativi per provare a trovare il colpevole».
Lodevole proposito. Ma la domanda è: la commissione parlamentare Antimafia si sente in dovere di offrire «nuovi spunti investigativi» relativi a questa vicenda? Al punto che vota (all’unanimità) una relazione ad hoc. Per quello che riguarda gli “spunti”, si apprende che «è stata acquisita l’integrale di una puntata dedicata dalla nota trasmissione televisiva ‘Chi l’ha visto?’, al caso di via Poma»; questo perché la puntata «è stata caratterizzata da un’intervista piuttosto significativa ad una persona che dice inoltre di avere sangue di gruppo A positivo».
A parte quel “piuttosto significativa”, non è un po’ contorto, a trentadue anni dal delitto, che la commissione parlamentare, alla ricerca di “spunti” da offrire alla procura sequestri nientemeno che una trasmissione della RAI? Passi per il senatore Morra che verrà ricordato anche per altre sue “iniziative”; ma gli altri componenti hanno trovato “normale” e consono ai compiti e funzioni dell’Antimafia parlamentare, tutto questo operare? Lo si chiede nominalmente ai senatori e deputati della commissione: Pasquale Pepe, Wanda Ferro, Gianni Tonelli, Davide Aiello, Stefania Ascari, Antonella Campagna, Andrea Caso, Giovanni Endrizzi, Luca Migliorino, Dalila Nesci, Marco Pellegrini, Angela Salafia, Giulia Sarti, Gianluca Cantalamessa, Andrea Dara, Antonella Faggi, Michelina Lunesu, Enrico Montani, Luca Paolini, Erik Umberto Pretto, Valeria Sudano, Franesco Urraro, Monica Cirinnà, Paolo Lattanzio, Carmelo Miceli, Franco Mirabelli, Nicola Pellicani, Walter Verini, Giacomo Caliendo, Antonio Pentangelo, Giuseppe Mangialavori, Antonio Saccone, Sandra Savino, Luigi Vitali, Luca Ciriani, Antonio Iannone, Teresa Bellanova, Gennaro Migliore, Micaela Biancofiore, Pietro Grasso, Dieter Steger, Sandra Lonardo, Maurizio Lupi, Mario Michele Giarruso, Elio Lannutti, Piera Aiello, Giusi Bartolozzi, Margherita Corrado.