Eletto questo mese ad Istanbul, in occasione del XIX Congresso Mondiale di Flebologia, Sergio Gianesini, è il nuovo presidente dell’U.I.P (l’Unione Internazionale di Flebologia). Ricercatore presso il Dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara e professore associato negli Stati Uniti, Gianesini ha ottenuto l’81,5 per cento dei voti.
Una vittoria nettissima, che vale perfino il doppio, se si considera che stiamo parlando di un medico di un Paese come l’Italia, dove la specializzazione in flebologia non esiste.
L’assenza della specializzazione, come sottolineato a maggio scorso sulle colonne di Sfoglia Roma, è una scelta insensata, visto che la patologia delle vene varicose è al quarto posto tra le malattie croniche in Italia. Con costi sociali ed economici altissimi. Quindi l’ascesa d’un italiano al vertice della Flebologia Mondiale è adesso di un buon auspicio per i trascurati flebologi di casa nostra. L’UIP, oltre alla naturale mission scientifica, ha infatti al suo interno un “Comitato per l’Istruzione” che lavorerà su nuovi profili formativi e promuove l’accreditamento specialistico attraverso le Università e le istituzioni governative di ciascun paese. Infine c’è l’UIP Engagement, gruppo di lavoro fortemente voluto da Gianesini, per promuovere l’impegno operativo dei giovani interessati alla flebologia, fornendo loro sostegno e il necessario supporto educativo.
Tutto questo ovviamente aiuterà la flebologia italiana che attraversa un momento di particolare difficoltà in quanto, come ha detto in un’intervista a Sfoglia Roma il dottor Paolo Valle, presidente dell’Accademia Romana di Flebologia, «sono ancora pochi i giovani che si avvicinano a questa branca e non per scarso interesse da parte loro»…